Patto per la Calabria: la solita favola!

Già nel 1918, Max Weber, economista, sociologo, filosofo e storico tedesco, scriveva in “La politica come professione”: «I programmi di governo hanno un significato quasi puramente fraseologico». Insomma, per citare una famosa canzone di Mina, in genere le intese, le convenzioni, gli accordi, i patti politici, sono solo «parole, parole, parole».

In quest’intesa per la nostra terra tutti promettono tutto e di tutto. Dopo questo cosiddetto Patto per la Calabria, la nostra regione dovrebbe diventare la regione di Bengodi.

Ma oggi i campioni dei campioni della fraseologia non potevano essere che il Governo Centrale Italiano e quello della Calabria con le loro dichiarazioni-choc: fondi e miliardi di euro per l’ambiente, per il dissesto idrogeologico, per l’erosione costiera, per i siti inquinati, per i depuratori, per le reti idriche, per il rischio sismico negli edifici strategici e nelle scuole, per le infrastrutture nodali con un importante intervento su Gioia Tauro , per il progetto di banda ultra larga, per il turismo, per l’agroalimentare, fondi per l’edilizia e per l’occupazione, soprattutto giovanile, ed infine un miliardo di euro solo per la cultura.

Dubito che dei nodi rimasti insoluti per decenni possano sciogliersi con un tale Patto. E poi le cifre indicate (7,5 miliardi di euro) sono del tutto aleatorie: non sappiamo quando arriveranno, con quali criteri saranno spesi, con quali appalti e con quali priorità. In fondo, non ci vuole la competenza tecnica di un grande economista per capire che questo Patto per la Calabria è la solita favola già più volte raccontata, questa volta ai noi calabresi. D’altra parte alla gente le favole piacciono tanto, salvo, al momento del dunque, andare a sbattere il muso e la testa contro la dura realtà.

Ad ogni patto c’è un annuncio di soldi per risolvere ogni questione, oggi è toccato alla Calabria. Dopodiché, in realtà, la nostra regione continua a franare, si spopola, i giovani calabresi, i nostri giovani, scappano, le scuole cadono a pezzi, strade e ferrovie disastrate, depuratori non funzionanti e i nostri mari insieme alle nostre coste si inquinano ogni giorno sempre di più. Se sommassimo tutti i miliardi promessi alla Calabria dai passati mentitori di professione, a quest’ora dovremmo essere la regione più ricca d’Italia, ma la cosa straordinaria è che tanti calabresi ci credono ancora dopo anni di balle sensazionali.

Tuttavia adesso, e bisogna goderselo, è il momento di una nuova e straordinaria favola, sempre più idilliaca.

Si può gridare « Al lupo ! » una, due, tre volte. Ma alla fine la gente non ti crede più.

A meno che, avendo poca memoria, si è sempre d’accordo con gli ultimi che parlano.

Pietro Giovanni Spadafora

SANITA’ – SGF

Bene ha fatto il Sindaco di SGF per aver deciso di presentare ricorso davanti al TAR Calabria per impugnare il DCA n. 30 dei commissari per il piano di rientro della sanità calabrese.

Speriamo che tale ricorso apporti una reale modifica al suddetto decreto, molto penalizzante per il nostro nosocomio, affinché possa migliorare la sanità sangiovannese.

San Giovanni in Fiore – Sanità e politica: teniamoci pure le nostre pie illusioni.

Lodevole è l’iniziativa di chi, a cui va comunque e sempre il riconoscimento ed il merito di prodigarsi ed impegnarsi per il bene della comunità sangiovannese, organizza dibatti e discussioni pubblici, in particolar modo quando si tratta della salute dei cittadini e dei diritti irrinunciabili all’assistenza sanitaria.

Va subito detto, però, senza alcuni giri di parole, non certamente per colpa dei cittadini, ma per colpa delle istituzioni locali, che quando un’iniziativa pubblica o un dibattito pubblico sono in ritardo, nel senso che ormai i giochi sono fatti, raramente potrà servire a qualcosa. Certo, è meglio tardi che mai, ma quando c’è il rischio che una discussione pubblica possa essere inefficace, senza produrre alcuna reale soluzione, può solo servire a far sfogare l’indignazione di una comunità, o di qualche cittadino, per non aver ottenuto il riconoscimento di alcuni diritti, come è la quasi totale negazione del diritto, costituzionalmente previsto, all’assistenza sanitaria.

Dico questo perché ormai, nonostante qualche finta opposizione da parte della Regione Calabria, è passata la linea del commissario e del sub commissario, uomini nominati dal sistema partitocratico, approvata dal governo centrale e dallo stesso ministro alla salute, circa il piano di rientro per quanto riguarda la sanità calabrese e di conseguenza quella sangiovannese.

Va detto anche, senza altri giri di parole, che la stessa cosa sarebbe avvenuta anche se la gestione del debito della sanità calabrese fosse stata affidata al nuovo governatore della Calabria sin dall’inizio del suo mandato. Ciò si evince dal fatto che il nuovo governatore nulla fa, o ha fatto finora, per contestare o impugnare tutto l’impianto del piano di rientro per la sanità calabrese, pur avendone tutto il potere e, soprattutto, gli strumenti politici, giuridici, legali e normativi. Le finte schermaglie tra i commissari e il governatore lasciano il tempo che trovano. Solo i gonzi e gli sprovveduti possono credere a tali atteggiamenti.

Altra cosa che va detta è il fatto che chi si prende il lusso di parlare e discutere di sanità, dovrebbe esserne perlomeno in grado ed in regola, e cioè: dovrebbe possedere le dovute competenze in materia, dovrebbe essere a posto con la coscienza e dovrebbe avere una certa credibilità politica e sociale.

Dico anche questo perché chi appartiene alla cosiddetta partitocrazia, facendo da reggicoda ai partiti, partiti responsabili in toto del disastro e della mala sanità portandola al punto in cui si trova oggi; perché chi ha sguazzato nel sistema sanitario per anni con diversi incarichi, godendo di tanti benefici; perché chi assume atteggiamenti corporativistici difendendo esclusivamente medici e dirigenti e non tutta la sanità, perché la sanità è fatta anche di infermieri, capisala, impiegati e personale vario, su cui cade la maggior parte dell’assistenza; e in special modo perché quando chi è un bravo professionista del trasformismo avendo fornicato con tutti i partiti e con quel potere economico che dai partiti ha sempre ricevuto ricambiando favori, non può essere credibile.

Inutile sarebbe, poi, sentir parlare di sanità vecchi e nuovi amministratori, vecchi e nuovi consiglieri comunali, vecchi e nuovi politici con tutto il loro fallimento politico e amministrativo sulle spalle, essendo essi, insieme ai loro partiti, responsabili pro quota di tutta la disastrosa sanità sangiovannese che oggi ci ritroviamo.

Fino a quando si continuerà a votare questi partiti, fino a quando si continuerà a fare i tirapiedi della partitocrazia, fino a quando i partiti occupano, spartendoseli, tutti gli enti pubblici, nazionali e locali, ma soprattutto la sanità, con propri uomini che formalmente vengono nominati dal governo o dalle amministrazioni periferiche, ma che in realtà sono imposti dagli stessi partiti, non ci sarà mai una sanità regolare.

Ma l’occupazione degli enti pubblici da parte dei partiti politici ha anche un altro risvolto non meno grave. Gestendo e manovrando la sanità pubblica, e anche privata, estorcono un consenso che altrimenti essi non avrebbero. La partitocrazia, i partiti, procacciano voti e appoggi in cambio di assunzioni clientelari e obbligano chiunque voglia fare carriera nella sanità a infeudarsi loro.

Per uscire da questa situazione e da questa disastrata sanità non bastano più i dibattiti e le pubbliche discussioni. Basterebbe studiare un meccanismo che disancori completamente le nomine degli amministratori pubblici, dei direttori generali della sanità dai partiti.

Non sarebbe, poi, così difficile. Quello che è difficile è che questi partiti non saranno mai capaci di riformare se stessi, questa politica. Ma stiamo pur tranquilli e sogniamo, perché passata l’indignazione generale, la sanità pubblica sarà ancora spremuta fino all’ultimo centesimo di euro. Nostro, naturalmente. Tenendoci le nostre pie illusioni di una sanità migliore.

Infine, per quanto riguarda la politica decennale fallimentare della partitocrazia locale, finalmente abbiamo la massa debitoria ufficiale del dissesto finanziario del nostro Comune che ammonta a circa 12 milioni di euro (circa 24 miliardi delle vecchie lire). Finalmente nessuno lo può più negare. Anche il rientro da questa massa debitoria potrebbe essere solo una pia illusione. Intanto si continua a ignorare tutto e a sostenere questa partitocrazia, a sostenere e ad applaudire i suoi vecchi e nuovi esponenti.

Auguri San Giovanni in Fiore, e che Dio ce la mandi buona!!!

Pietro Giovanni Spadafora

Un’ottima intervista a un grande magistrato. Da leggere TUTTA!

Piercamillo Davigo: “Renzi attacca i pm? Ma è la politica che non fa pulizia”

Di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano del 20 aprile 2016

Toghe e potere, il neopresidente dell’Anm replica al presidente del consiglio che ha parlato di “barbarie giustizialista”. “Giustizialismo? Una vecchia storia, noi facciamo indagini e processi”. L’inchiesta di Potenza e l’accusa di “non arrivare mai a sentenza”. “Che discorso è? Se intende lamentare un eccesso di prescrizione, può modificare le norme”

Piercamillo Davigo, dopo l’inchiesta di Potenza Renzi parla di “25 anni di barbarie giustizialista”, mentre Napolitano denuncia un “riacutizzarsi” del conflitto politica-giustizia e invoca la riforma delle intercettazioni.
Non commento le dichiarazioni del presidente del Consiglio. Ma è una vecchia storia, questa del ‘giustizialismo’ e del ‘conflitto’. Non c’è nessuna guerra. Noi facciamo indagini e processi. Se poi le persone coinvolte in base a prove e indizi che dovrebbero indurre la politica e le istituzioni a rimuoverle in base a un giudizio non penale, ma morale o di opportunità, vengono lasciate o ricandidate o rinominate, è inevitabile che i processi abbiano effetti politici. Se la politica usasse per le sue autonome valutazioni gli elementi che noi usiamo per i giudizi penali e ne traesse le dovute conseguenze, processeremmo degli ex. Senza conseguenze politiche.

Il conflitto fra politica e magistratura è fisiologico?
Le frizioni fra poteri dello Stato sono la naturale conseguenza della loro separatezza e indipendenza. Chi vuole che tutti i poteri vadano d’amore e d’accordo dovrebbe proporre il ritorno alla monarchia assoluta, dove il sovrano deteneva tutti i poteri senz’alcun conflitto: il re era sempre d’accordo con se stesso. È questo che vogliono? Io, se non ci fosse tensione fra politica e giustizia, mi preoccuperei.

Napolitano e Renzi reclamano una legge che vi imponga di espungere dagli atti le intercettazioni penalmente irrilevanti o riguardanti i non indagati, così i giornali non potranno più pubblicarle.
Non ne vedo la necessità. Bastano e avanzano le norme sulla diffamazione e sulla privacy, che puniscono chi mette in piazza fatti davvero privati e privi di interesse pubblico: si possono sempre aumentare le pene, specie per la violazione della privacy, ma poi si va a sbattere contro la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che sconsiglia lo strumento penale contro la libertà di stampa. E, soprattutto, ha già affermato che, quando un giornalista pubblica notizie anche penalmente irrilevanti, ma moralmente importanti, su personaggi pubblici, non può essere punito.

Ma la legge dice che dovete essere voi magistrati a cancellare dagli atti le conversazioni extra-penali.
A parte il fatto che una conversazione può essere irrilevante ai fini del reato per cui si procede e non di un altro per cui è comunque lecito procedere. Ma poi, chi decide cosa mettere o togliere? Il pm? Il gip? E i diritti della difesa chi li tutela? Mi meraviglia che questi discorsi vengano da chi sbandiera garantismo un giorno sì e l’altro pure: ma lo sanno o no che ciò che è irrilevante per il pm o per il giudice può essere rilevantissimo per il difensore? Esempio: Tizio intercettato racconta una sua serata con un trans. Tutti diranno: orrore, privacy, bruciare tutto! Già, e se poi quella serata col trans serve a uno dei due interlocutori come alibi per provare che la sera di un delitto erano altrove? Siccome l’alibi è stato distrutto, l’innocente rischia la condanna. Bel garantismo.

 A Potenza si procede anche per traffico d’influenze illecite, reato istituito nel 2012 con la Severino per punire chi usa amicizie o vicinanze con un pubblico ufficiale per farsi dare soldi o altre utilità da chi vuole favori leciti o illeciti da quest’ultimo.

E mica l’hanno scritta i giudici, quella legge. Era per ottemperare alla Convenzione Ue anticorruzione, ratificata dall’Italia nel 1999 e mai attuata, anche se forse bastava ritoccare le norme sul millantato credito. Non entro nei processi in corso. Ma è ovvio che, per processare Tizio per la sua influenza su Caio, e Caio, si debba verificare quali rapporti aveva con Caio.

Dicono: le raccomandazioni son vecchie come il mondo.
E io rispondo: le raccomandazioni sono reato in tutta Europa, tant’è che la Convenzione Ue ratificata da tutti gli Stati, buon’ultima l’Italia, prevede il traffico d’influenze.

Violante dice che le cronache politiche sembrano ormai mattinali di questura.
Perché processiamo gente abbarbicata alla poltrona, che nessuno si sogna di mandare a casa malgrado condotte gravissime.

Aspettano la Cassazione: Renzi ricorda la presunzione d’innocenza, per lui conta solo la sentenza definitiva.
Ma la presunzione d’innocenza è un fatto interno al processo, non c’entra nulla coi rapporti sociali e politici. Ha presente il professore universitario che faceva sesso con le allieve, e sempre prima degli esami (e mai dopo, il che esclude che fossero innamorate di lui)? L’hanno assolto e il preside s’è detto ansioso di riaverlo in cattedra. Come se un fatto penalmente irrilevante non fosse deontologicamente disdicevole. Ecco, i politici ragionano così.

Che dovrebbero fare?
Smetterla di delegare ai magistrati la selezione delle classi dirigenti, e poi di lamentarsi pure. Dicono: aspettiamo le sentenze. Poi, se arriva la condanna, strillano. Se il mio vicino di casa è rinviato a giudizio per pedofilia, io mia figlia di sei anni non gliel’affido quando vado a far la spesa. Poi, se verrà scagionato, si vedrà. La giustizia è una virtù cardinale: ma anche la prudenza! Tutti, al posto mio, si comporterebbero così. Perché ciò che vale nella vita quotidiana non vale nel mondo politico-imprenditoriale?

Appena è esplosa l’inchiesta di Potenza, Renzi ha accusato la Procura di non arrivare mai a sentenza.
Ma che discorso è? Tutte le inchieste arrivano a sentenza. Che può essere di condanna, di assoluzione o di non doversi procedere per prescrizione. Se intende lamentare un eccesso di prescrizione, può modificarne le norme.

Il governo dice di averlo fatto almeno per la corruzione.
In realtà ha aumentato un po’ le pene, dunque ha un pochino allungato la prescrizione. Ma il problema è rimasto pressoché inalterato: abbiamo una prescrizione relativamente lunga prima che il reato venga scoperto, e scandalosamente breve dal momento in cui iniziano le indagini. Per i reati puniti fino a 6 anni, compresi molti contro la PA, è di 6 anni, prorogabile al massimo fino a 7 anni e mezzo (dal giorno in cui il reato è stato commesso, s’intende): se il delitto viene scoperto dopo 6 anni, restano 18 mesi per indagini, udienza preliminare e tre gradi di giudizio. Le pare serio? Il nostro sistema, dopo il dimezzamento dei termini causato dalla ex-Cirielli, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte di giustizia europea per le frodi comunitarie, con l’invito ai giudici italiani a disapplicarlo. Così abbiamo un doppio binario: i reati contro l’Ue non si prescrivono mai, tutti gli altri quasi sempre. Basta una norma di una riga che sospenda la prescrizione col rinvio a giudizio, o almeno con la prima sentenza: perché non la fanno?

Renzi dice che dovete lavorare di più.
Mettere in relazione la durata dei processi con l’accusa ai giudici di essere dei fannulloni è un’offesa e una bugia. Segnalo i dati della Commissione del Consiglio d’Europa sull’efficienza della giustizia: i giudici italiani, su 47 Stati membri, sono quelli che lavorano di più. Il doppio dei francesi e il quadruplo dei tedeschi. Se i processi durano troppo è perché se ne fanno troppi e con troppi gradi e fasi di giudizio. Invece di lanciare accuse infondate, i politici facciano qualcosa per scoraggiare il contenzioso e i ricorsi, così calerebbe il numero dei processi. E siano più severi con chi viola la legge e più attenti ai diritti delle vittime, così calerebbero i reati.

Napolitano vi chiede di “collaborare” con la politica.
Se collaborare vuol dire fornire un apporto tecnico, come fa per statuto il Csm, alle leggi in discussione sulla giustizia, l’abbiamo sempre fatto. Poi però noi magistrati facciamo un mestiere diverso: se prendiamo un politico che ruba, dobbiamo processarlo. Non collaborare.

Come valuta la deregulation renziana sui reati fiscali? Dal tetto alzato a 3 mila euro per i pagamenti in contanti alle soglie più alte di non punibilità per l’evasione?
Parlamento e governo sono liberi di fare le leggi che vogliono. Anche di depenalizzare i reati tributari, se l’Europa glielo permette. Ma non possono dire che così combattono l’evasione fiscale.

L’inchiesta di Potenza fa molto discutere anche perché, secondo alcuni, si rischia di processare la tal legge, il tal emendamento, violando l’insindacabilità dei parlamentari.
Del caso concreto non parlo. Ma, in linea di principio, la Costituzione tutela il parlamentare nell’esercizio delle funzioni quando vota, non quando prende mazzette o riceve favori per votare. In uno Stato di diritto, nessuno è al di sopra della legge.

Renzi s’è scandalizzato perché è stato intercettato il capo di Stato maggiore della Marina, “mettendo a rischio la sicurezza nazionale”.
Quand’ero militare, mi insegnarono che è vietato trattare argomenti classificati al telefono. Ergo, chi intercetta un militare non può mai violare alcun segreto: semmai, accertare una violazione del segreto da parte di chi dovrebbe custodirlo.

Nota differenze fra questo governo e quelli precedenti nel rapporto con la magistratura e la legalità?
Qualche differenza di linguaggio, ma niente di più: nella sostanza, una certa allergia al controllo di legalità accomuna un po’ tutti. Paolo Mieli mi ha detto che ho sempre litigato con tutti i governi. Gli ho risposto che è un segno di imparzialità. Sa, io ho subìto molti processi penali e non mi sono mai messo a strillare: mi sono difeso nel processo. E sono sempre stato archiviato. Non perché fossi un magistrato: perché ero innocente. Capisco che chi finisce imputato non gradisca, ma chi ricopre cariche pubbliche non deve mai usarle per tutelare i suoi interessi personali o per invocare trattamenti privilegiati.

Giuliano Ferrara spera che lei sia un presidente Anm così forte e rappresentativo da firmare la pace con la politica. Come l’israeliano Begin con l’egiziano Sadat.
Se vuol dire che tengo unita la magistratura, lo prendo come un complimento. Se qualcuno pensa che io sia qui per svendere la magistratura e la legalità, si sbaglia di grosso. L’Anm deve tutelare l’indipendenza dei magistrati, non asservirli alla politica.

San Giovanni in Fiore – Elettori aventi diritto di voto.

Iscritti, aventi diritto di voto, nelle liste comunali di San Giovanni in Fiore, nelle tornate elettorali degli ultimi 5 anni.

Amministrative Maggio 2011

Aventi diritto di voto (iscritti nelle liste elettorali comunali) 19.612

 

Politiche 2013
Aventi diritto di voto (iscritti nelle liste elettorali comunali) 14.459
-(5.153 in meno) rispetto al 2011

Europee Maggio 2014
Aventi diritto di voto (iscritti nelle liste elettorali comunali) 17.800
+(3.341 in più) rispetto al 2013

Regionali Novembre  2014 
Aventi diritto di voto (iscritti nelle liste elettorali comunali) 19.681
+(1.881 in più rispetto alle Europee di Maggio 2014 dopo 6 mesi)

Referendum Aprile 2016
Aventi diritto di voto (iscritti nelle liste elettorali comunali) 14.223
-(5.458 in meno rispetto alle Regionali 2014)

A prescindere da chi si reca alle urne o meno per votare, a cosa sono dovuti questi dati ballerini? Dati ufficiali!

Possibile che, in migliaia, ci si iscriva e ci si cancelli cosi in fretta dalle liste comunali?

Non sarebbe opportuno studiare le cause di questi dati ballerini?

Meetup M5S SGF

Referendum SGF – Se è così, siamo di fronte ad un vero e proprio esodo biblico.

Di Maria Gabriella Militerno

SGF – REFERENDUM: ALCUNI DATI POLITICI E NUMERICI NON TORNANO.

Dopo aver smaltito i risultati fallimentari del Referendum del 17 aprile, è inevitabile fare delle riflessioni di carattere tecnico e non, a livello locale.

Facendo delle attente analisi sorgono spontanee delle domande. Se alle regionali del 23 novembre 2014 su 19.681 elettori, qui a San Giovanni in Fiore, si sono recati alle urne ben 9.948 votanti, pari ad una percentuale del 50,54%, e di questi voti ben 7.307 sono andati al candidato Presidente Gerardo Mario Oliverio (http://elezioni2014.regione.calabria.it/VPL3010251200.html…), cittadino di questa comunità, eletto Presidente e poi divenuto promotore del referendum in questione insieme ai presidenti di altre 8 regioni, come mai alle urne, il 17 aprile, si sono recati solo in 3.306, pari al 23,24% dei 14.223 aventi diritto?

Le risposte possibili sono due: o la credibilità del Presidente sta cominciando a perdere terreno presso i suoi soliti sostenitori, o, cosa più probabile, dopo che sono arrivati gli ordini di scuderia di non recarsi affatto alle urne, è stato fatto passare il messaggio velato che un’eventuale astensione non avrebbe arrecato nessun danno all’equilibrio del governo regionale, anzi sarebbe stata anche particolarmente auspicabile per assecondare la volontà del Premier Renzi.

Come si arriva a pensare ciò, qualcuno potrebbe dire? Ma è molto semplice! Le sezioni del PD intanto sono rimaste chiuse per tutta la giornata del 17 aprile e nei giorni precedenti, e nessun convegno è stato promosso, nessun dibattito è stato tenuto e nessun comunicato è stato divulgato per spiegare le ragioni del SÌ. Qualcuno potrebbe obiettare a ciò, dicendo che il promotore del referendum si è recato alle urne! Anche questa azione ha una sua logica, quella di salvare la faccia e di non esporsi agli attacchi dopo i risultati che si prevedevano e si volevano fallimentari.

Gli unici che ci hanno creduto veramente e che si sono battuti, oltre ad altre forze politiche, movimenti e associazioni, per le ragioni del SÌ, sono stati tanti giovani dei “Giovani Democratici”, che, ma loro non lo ammetteranno mai, sono stati lasciati completamente soli a lottare per la tutela dell’ambiente che con le trivelle viene profondamente danneggiato!

Ai 3.882, differenza votanti, ( pari al 50,54% – 23,24%) mancanti all’appello, chiedo di fornire una valida giustificazione circa questa assenza che più che bloccare o meno le trivelle ha bloccato uno strumento democratico: il REFERENDUM.

L’altra domanda è la seguente: perché questa volta, nel giro di 17 mesi dalle ultime regionali a questo referendum ci sono stati, qui a San Giovanni in Fiore, 5.458 aventi diritto in meno? È questa la differenza tra i 19.681 aventi diritto delle regionali del 2014 rispetto ai 14.223 aventi diritto di questo referendum. Io questo non riesco a spiegarmelo!!!! Che fine hanno fatto questi 5.458 aventi diritto? Possibile che in 17 mesi ci sia stato un tale spopolamento? Chi è in grado di fornire chiarimenti a questi dati ballerini, lo faccia!

San Giovanni in Fiore – Diffuso benessere economico e superficialità.

Diciamocela tutta! Qui nel nostro paese, tranne qualche famiglia e qualche invisibile, la maggior parte della gente sta economicamente bene.

Intendiamoci! Non è che questo benessere economico mi dispiaccia, anzi, ne sono ben felice, né tantomeno vuole essere una ragione addotta per giustificare o accettare la diffusa disoccupazione, soprattutto giovanile, nonché i tanti altri problemi che attanagliano questa nostra comunità, ma è certo che un diffuso benessere economico tra la nostra popolazione è evidente, e questo è un dato di fatto.

È anche noto, però, che uno stato di benessere economico, spesso e volentieri, rende le persone superficiali, indifferenti, chiuse, imperturbabili, impermeabili a tante problematiche di carattere pubblico e sociale: agli scandali nelle pubbliche istituzioni, alle ruberie di denaro pubblico, alla corruzione, alle ingiustizie sociali, all’ignoranza, alla distruzione dell’ambiente, alla mediocrità eccetera, eccetera.

Di sicuro non scopro nulla di nuovo perché tante situazioni e comportamenti che si verificano nella nostra comunità sono comuni a tanti altri paesi, regioni e città. Io, però, come cittadino, con le mie sensibilità e le mie osservazioni, condivisibili o meno, sento di parlare di San Giovanni in Fiore perché è il mio paese, la comunità in cui sono nato, in cui sono cresciuto, in cui ho studiato.

Paese che per alcuni brevi e lunghi periodi ho lasciato per motivi di lavoro e di studio, osservandolo anche da fuori e da altre angolazioni, e in cui, fortunatamente, poi sono ritornato, come tanti altri hanno potuto fare, ma come tanti altri non hanno potuto fare; comunità in cui adesso vivo e che vorrei potesse migliorare sotto tanti profili.

Premesso ciò, non posso metter piede in un Bar, in un Tabacchi, in un ufficio pubblico, per non parlare di una banca, o imbattermi per caso in un qualche piccolo assembramento di persone che sosta per strada, che non sento altro che parlare di soldi, di denaro, del Dio Quattrino che ormai è diventato l’unico nume unanimemente adorato, riconosciuto e condiviso.

In questa mediocrità quotidiana sangiovannese non si sente parlare di altro che di iban, di cin, di codici, di pin, password e bancomat. Quasi mai di valori, di valori forti, di emozioni collettive, di solidarietà, di un po’ di giustizia sociale, di problemi che riguardano l’intera comunità, di spirito, di anima. Viviamo un’esistenza in mezzo agli opportunismi, ai trasformismi, alle meschinerie e, a volte, anche alla viltà.

A proposito di anima! Non si sente più parlare di anima neanche nelle nostre chiese. La parola anima è sparita anche dalla bocca di coloro che sarebbero preposti a curarla: vescovi, preti, sacerdoti, parroci, bigotti e bacchettoni vari. In compenso parlano di offerte in denaro, messe e sante messe pagate, fitti e tariffe varie per battesimi, cresime, matrimoni, nonché di tasse da pagare per l’uso, da parte dei cittadini, dei luoghi di culto in determinate occasioni. Pare non ci sia più la Chiesa di una volta. Si assiste, anzi, ad un ritorno della “simonìa”.

Certo, si parla molto, di questi tempi, anche di crisi della politica, ma non è questo, forse, il problema. Il vero problema, probabilmente, è il fatto di vivere in una società, la nostra, quella sangiovannese, priva di grandezza, di crescita interiore, di crescita culturale, refrattaria, dove gli obiettivi sono cambiare l’automobile (si noti il parco auto esistente nella nostra comunità), comprare l’ultimo modello di cellulare, andare nei migliori ristoranti e assaggiare il vino e lo champagne più costosi, acquistare nuovi beni e sempre più oggetti e prodotti tecnologici innovativi. Il tutto scandito, ovviamente, dall’incessante ed inesorabile martellamento, soprattutto della Tv, dei vari mass media con le loro ingannevoli voci.

È indubbio che in questo nuovo mondo anche il cittadino sangiovannese non è più propriamente un cittadino, non è più soggetto, ma oggetto, è un sottoprodotto, un “consumatore”. E come il cittadino sangiovannese si è ridotto a consumatore terminale, allo stesso modo pare si sia ridotta anche la stessa nostra comunità, la città in cui viviamo. Sembra che il nostro paese sia preso in considerazione solo nei casi in cui diventi un appetibile mercato, e appare tanto più originale quanto è più capace di acquistare e consumare nuovi prodotti che gli vengono propinati. Oggi pare si viva, anche qui nella nostra comunità, in un mondo abbastanza superficiale, privo di vitalità, di idee, più virtuale che reale, in cui sembra vi siano dei vuoti abissali, forse difficilmente colmabili.

Un tempo esisteva una San Giovanni in Fiore più povera, ma era una comunità della solidarietà, dello spirito, dell’anima, del vicinato, della “comare Rosina” o del “compare Micuzzo” che quando non stavano bene venivano assistiti, quando non era possibile da parte dei loro parenti, anche dai vicini di casa (oggi in alcuni casi non si ha neanche l’assistenza da parte della sanità pubblica); una comunità dell’anziano visto e adorato come un saggio, e non, come oggi, considerato un reietto della società, il quale, in particolar modo, quando non gode di buona salute, è da depositare presso qualche casa di cura in attesa della sua ultima ora. San Giovanni in Fiore era la comunità dell’abbraccio, dell’aiuto, della mano tesa, dei valori condivisi.

Adesso anche questa nostra comunità, purtroppo, ineluttabilmente, è stata sostituita dalla produzione, dal consumismo. Comunità che inesorabilmente sta adeguandosi, omologandosi, globalizzandosi, e forse sparendo.

Pietro Giovanni Spadafora

San Giovanni in Fiore – Amministrazione Comunale: CHI L’HA VISTA?

1° Maggio 2016 – Alla luce di quanto emerge dall’intervista rilasciata di recente dal consigliere di maggioranza Luigi Perri, alcune domande ce li siamo già poste circa un mese fa. Ergo, il consigliere Perri non dice nulla di nuovo.

L’Amministrazione Belcastro? E CHI L’HA VISTA?

Dove siete? Cosa state facendo? Quali progetti state realizzando? Cosa state combinando?

Aggiornateci! Istruiteci! Fateci sapere! Informateci! Comunicateci qualcosa!

Se è vero che qualche giornalista sostiene, erroneamente, che l’Amministrazione Belcastro si sia insediata da due anni, è pur vero che essa, da circa un anno che si è insediata, non ha prodotto alcunché.

Sarà perché noi siamo poco informati, ma, di fatto, constatiamo che, in questa nostra cittadina, la situazione, sotto tutti i profili, non è migliorata.

La nostra non vuole essere una polemica sterile, ma uno stimolo al vostro lacunoso operato politico. Ci sembra, dopo circa un anno, di vivere una situazione surreale.

Solo annunci, propositi, proclami e rinvii! Chiacchiere e distintivi!

Quando pensate di concretizzare qualcosa?

Restiamo in trepidante attesa.

Meetup M5S SGF

4 Aprile 2016