GIUSTISSIMO!

GIUSTISSIMO!

COME NON ESSERE D’ACCORDO?

SONO ANNI CHE LO DICIAMO!

Il Papa: “Stupido far lavorare così a lungo gli anziani mentre i giovani sono a casa. Bisogna cambiare”

Papa: “Pensioni d’oro offesa al lavoro”

Fonte adnkronos.com

Le ‘pensioni d’oro’ sono “un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni povere”. Lo denuncia Papa Francesco nel corso dell’udienza alla Cisl nell’Aula Paolo VI. Il Pontefice chiede che venga riconosciuto “il diritto a una giusta pensione – giusta perché né troppo povera né troppo ricca: le ‘pensioni d’oro’ sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni. O quando un lavoratore si ammala e viene scartato anche dal mondo del lavoro in nome dell’efficienza – e invece se una persona malata riesce, nei suoi limiti, ancora a lavorare, il lavoro svolge anche una funzione terapeutica: a volte si guarisce lavorando con gli altri, insieme agli altri, per gli altri”.

Forte la denuncia del Papa: “E’ una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti. Quando i giovani sono fuori dal mondo del lavoro, alle imprese mancano energia, entusiasmo, innovazione, gioia di vivere, che sono preziosi beni comuni che rendono migliore la vita economica e la pubblica felicità”.

Da qui il monito del Papa per un nuovo patto sociale: “È urgente un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare. Il dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero della vita adulta”.

Il Pontefice ribadisce il no a un lavoro disumanizzante: “Persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme. Perché se pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce per diventare qualcosa di disumano, che dimenticando le persone dimentica e smarrisce sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro, diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si realizza in pienezza quando diventa lavoratore, lavoratrice; perché l’individuo diventa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro”. “Il lavoro – dice Bergoglio – è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia generato nella sua storia”.

Papa Francesco denuncia poi che sono ancora “troppi” nel mondo i bambini e i ragazzi che anziché studiare lavorano. “La persona – dice il Papa – non è solo lavoro, perché non sempre lavoriamo, e non sempre dobbiamo lavorare. Da bambini non si lavora, e non si deve lavorare. Non lavoriamo quando siamo malati, non lavoriamo da vecchi. Ci sono molte persone che ancora non lavorano, o che non lavorano più. Tutto questo è vero e conosciuto, ma va ricordato anche oggi, quando ci sono nel mondo ancora troppi bambini e ragazzi che lavorano e non studiano, mentre lo studio è il solo ‘lavoro’ buono dei bambini e dei ragazzi”.

Per il Papa il sindacato deve dare voce a chi non ce l’ha, smascherare i potenti, lottare e tutelare chi ancora non ha diritti. “Sindacato è una bella parola che proviene dal greco syn-dike, cioè ‘giustizia insieme’. Non c’è giustizia insieme – scandisce Francesco – se non è insieme agli esclusi”. “Ma nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato – avverte il Papa – rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l’azione dentro le imprese perde forza ed efficacia”.

Il Pontefice sottolinea che “il sindacato nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero ‘venduto per un paio di sandali’, smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli ‘scarti'”. Per Francesco “il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge solo i diritti di chi lavora già o è in pensione. Questo va fatto, ma è metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia”.

BALLOTTAGGI – Amministrative 2017

Vince ancora l’astensionismo.

Per non parlare di quell’angolo della Sicilia, dove nella città di Trapani la sfida era tra l’unico candidato del PD, essendosi ritirato quello del centrodestra, ed il commissariamento.

Nonostante si siano mossi tutti i big del partito PD con tutti gli apparati insieme ai sindacati, invitando il popolo ad andare a votare per raggiungere il quorum del 50%, i cittadini, con l’astensionismo, avrebbero scelto il commissario.

GRANDE CREDIBILITA’ DELLA POLITICA ITALIANA!

San Giovanni in Fiore – Festa del Santo Patrono: più paura e meno diritti.

Determinati eventi, anche se, fortunatamente, si verificano lontano dalla nostra comunità, sono riusciti a instillarci una tale paura che ormai provvediamo a distruggerci da soli e a distruggere i nostri diritti, le nostre tradizioni e la nostra cultura.

Sì, perché, oggi, basta un petardo, o anche semplicemente che qualcuno abbia l’impressione di aver sentito un botto, che si scatena il panico. Panico che alcune volte porta a prendere decisioni drastiche e inconsulte.

Dopo la drammatica notte torinese durante la partita tra Real Madrid e Juventus, e lo scaricabarile tra il sindaco, questore e prefetto sugli incidenti di piazza San Carlo a Torino durante i quali sono rimaste ferite oltre 1527 persone, Franco Gabrielli, il capo della Polizia, con una circolare, definisce con precisione le competenze, e dunque le responsabilità, per le manifestazioni pubbliche, coinvolgendo anche i privati, organizzatori dei grandi eventi dello spettacolo e dello sport.

Nel distinguo di ruoli e responsabilità, il comune dovrà valutare la “capienza delle aree” delle manifestazioni, individuare gli spazi di soccorso, emettere i provvedimenti di divieto di vendita di alcolici e di bevande in vetro e lattine, “che possano costituire un pericolo per la pubblica incolumità” (proprio come successo a Torino).

Detto questo, fin dalla notte dei tempi, alla Festa Patronale di San Giovanni in Fiore, non è mai successo alcunché di brutto.

Tuttavia, a scanso di equivoci, la nostra Amministrazione Comunale ha fatto bene ad attenersi a tutte le nuove regole che prevede la circolare del capo della Polizia.

Intanto sono sparite le bancarelle dalla Festa di San Giovanni Battista, dal centro storico, dalle nostre viuzze. Un rito, quello delle bancarelle, antico, tradizionale, piacevole, momento di aggregazione, di incontri, di saluti, di strette di mano, di abbracci affettuosi e, soprattutto, di gioia per i nostri bambini, per tutta la nostra comunità.

Si è tentato di tutto e per tempo per una diversa soluzione nella trattativa sul posizionamento delle bancarelle? Per tutelare un diritto di tutti? Dell’intera comunità? Il diritto di poter andare alla “Fera e Sangiuvanni”?

Colpevoli? No! Per carità! In questa nostra attuale società non ci sono mai colpevoli, di niente, di nessuno!

Una cosa è certa: siamo diventati paurosi di tutto, ci spaventiamo per un nonnulla, perfino di un piccolo temporale per il quale la protezione civile emana comunicati a raffica invitandoci a fare attenzione e perfino a non uscire di casa.

Ma ritorniamo alle altre nostre manifestazioni pubbliche, quelle future. Data la nostra conformazione urbanistica, date le nostre piccole piazze e piazzuole, i nostri stretti vicoli e strette viuzze, il nostro centro storico, come ci si comporterà? Cambierà tutto? Usciremo più di casa? Cambieranno le nostre abitudini, le nostre tradizioni, le nostre manifestazioni, le nostre feste e i nostri riti? Religiosi, politici, sociali, sportivi e di aggregazione? Cambierà la nostra comunità?

Non è che qualcuno abbia già vinto la partita? Con il contributo di una nostra circolare interna? Della Polizia?

Che tristezza!

PGS

San Giovanni in Fiore – La bancarotta.

Parafrasando Charles Bukowski.

Il nostro Comune è alla bancarotta; la provincia di Cosenza (doveva essere abolita) non ha più un centesimo di Euro ed è alla bancarotta; la Regione Calabria ha solo debiti ed è quasi alla bancarotta; tutto il sistema bancario italiano è quasi alla bancarotta; l’Italia, con un debito pubblico che ha superato i 2.260 (duemiladuecentosessanta) miliardi di Euro, è alla banca rotta.

Ma dove cazzo sono andati a finire i fottuti soldi?

DIRIGENTI SOLO NELLA FORMA

“Un ministro, un sindaco e i politici possono essere cambiati. Invece una delle tante iatture italiane sono i dirigenti incapaci per sempre.”

Di Maria Gabriella Militerno

A dicembre dello scorso anno impazzò la polemica sulla mancanza di titoli di studio del nuovo ministro della Pubblica istruzione, Valeria Fedeli, che si era inventata una laurea che, in realtà non aveva. (http://www.huffingtonpost.it/…/fedeli-diplomamaturita_n_136…).
Atteggiamento, questo, davvero deprecabile!

È vero che a rappresentare il mondo dell’istruzione e della cultura in genere dovrebbe essere una figura super titolata, per ben interpretare il ruolo che riveste, ma è pur vero che ci sono tanti dirigenti, operanti in tanti settori della pubblica amministrazione, che pur essendo in possesso FORMALMENTE di tutti i requisiti richiesti per ricoprire quel ruolo, SOSTANZIALMENTE non hanno le competenze necessarie per poter svolgere le mansioni ad esso collegate!

Allora mi sorge spontanea una domanda. Perché, anziché accanirsi contro un ministro, il cui incarico è limitato nel tempo, essendo frutto di accordi prettamente politici, non ci si accanisce nei confronti di quei dirigenti che conseguono i titoli con artifizi e stratagemmi vari, nonché attraverso il favore di questo o quel politico di turno, la cui durata, però, diventa a tempo indeterminato, scavalcando aspiranti veramente meritevoli, ma privi dei giusti santi protettori?

È contro questo sistema di reclutamento di chi dovrebbe gestire l’azienda Italia, e non ne ha le competenze, che dovremmo ribellarci! Ormai siamo circondati da un gran numero di dirigenti incompetenti che mettono in ombra –ahime!- quei pochi valenti che pur ci sono, ma che non possono far fronte, certamente, a tutte le numerose mancanze dei loro colleghi incapaci. E allora non indigniamoci del vuoto culturale della Ministra Fedeli, ma, piuttosto, indigniamoci del vuoto di pensiero di tanti palloni gonfiati che delegano loro sottoposti, molto più capaci, a svolgere compiti difficili e la buona riuscita dei quali, poi, va a ricadere su quegli stessi incapaci.

Ergo, un ministro è, quando va bene, per la durata di una legislatura, massimo cinque anni, un dirigente incapace è per sempre, proprio come un diamante, ma il suo valore è nullo e i suoi effetti deleteri, infiniti!

Repetita iuvant.

Anfiteatro

Anfiteatro

Teatro

Teatro

Non è per cercare sempre il pelo nell’uovo, ma a San Giovanni in Fiore non esistono anfiteatri. Purtroppo nella locandina del programma “Estate Florense 2017”, più volte è stato usato il termine che sta ad indicare tale struttura.

Almeno le istituzioni culturali avrebbero già dovuto comprendere la differenza tra la struttura del teatro e quella dell’anfiteatro, nel rispetto del corretto utilizzo della lingua italiana, bene comune e patrimonio culturale.

Il ritorno.

Ma ci rendiamo conto?

Stanno ritornando i Prodi, i Berlusconi, i Casini, i D’Alema, i Monti, i Veltroni, i Letta ecc.

Poi abbiamo una come la Fedeli Ministro all’Istruzione, la Lorenzin alla Sanità, Alfano agli Esteri e un PINOCCHIO, segretario di un partito, dal quale nessuno comprerebbe un’auto usata. Ci manca solo La Fornero.

INDIGNIAMOCI!

NOOO!

Allora stiamo tutti bene!

Meetup M5S SGF

LO SCANDALO WATERGATE

Il complesso del Watergate a Washington.

Il complesso del Watergate a Washington.

Tanti ne hanno sentito parlare, molti non sanno cosa sia stato.

Watergate, 45 anni fa lo scandalo che sconvolse gli Usa: come nacque, il ruolo della stampa, i protagonisti.

Scoppia il 17 giugno del 1972 lo scandalo politico più clamoroso di tutti i tempi, che costerà la Casa Bianca a Richard Nixon e metterà sotto accusa i repubblicani.

(di Leda Balzarotti e Barbara Miccolupi Corriere della Sera 17/6/2017)

Il Presidente Nixon.

Il Presidente Nixon.

Il passo falso della CIA

È la notte del 17 giugno 1972 e la polizia di Washington viene avvisata di una possibile effrazione nel complesso di uffici del Watergate Hotel dove ha sede il quartier generale del Comitato nazionale democratico, la principale organizzazione per la raccolta fondi del Partito Democratico, impegnata nella campagna elettorale alle porte. La polizia arresta cinque uomini dai profili piuttosto oscuri e trova tra le note di uno di loro, l’ex-agente della Cia in pensione James W. McCord, un appunto con il nome di un addetto alla sicurezza del Comitato per la rielezione del presidente repubblicano Richard Nixon.

Un caso scottante

Relegata nella cronaca minore dalla stampa locale, la notizia non lascia indifferenti i due reporter del Washington Post Bob Woodward e Carl Bernstein, convinti che dietro al tentato furto si nasconda in realtà un’azione di sabotaggio e spionaggio politico. Vincendo le iniziali titubanze del loro stesso giornale i due avviano un’inchiesta martellante e approfondita per smascherare i mandanti dell’effrazione, sfruttando anche le rivelazioni di un informatore ben inserito nei corridoi della politica di Washington: l’uomo passerà alla storia come «Gola profonda».

Il coinvolgimento della Casa Bianca

L’inchiesta appura il collegamento di ben tre degli scassinatori – Howard Hunt, Gordon Liddy e James W. McCord , con il comitato per la rielezione di Nixon, presieduto dal mMinistro della Giustizia John Mitchell. E qualche settimana più tardi viene registrata una conversazione tra il presidente Nixon e il capo di staff della Casa Bianca Haldeman sulla possibilità di depistare le indagini per ostacolare il relativo procedimento giudiziario.

La sicurezza nazionale

L’inchiesta giornalistica e l’indagine della Commissione Senatoriale creata ad hoc svelano crimini simili a quello commesso al Watergate attribuibili alla stessa regia politica che conduce direttamente all’entourage presidenziale dei repubblicani. In un clima già teso per gli sviluppi della guerra in Vietnam, la riconferma di Nixon alla Casa Bianca non placa le polemiche e anzi la messa in onda delle udienze tenute dalla Commissione fa vacillare anche l’opinione pubblica inizialmente contraria alla teoria del complotto.

Tutti gli uomini del presidente

A rispondere alle interrogazioni del senatore Sam Ervin, presidente della Commissione d’inchiesta sul Watergate, sono personalità di altissimo livello del mondo governativo in alcuni casi molto vicine alla presidenza: dal capo dello staff Bob Haldeman al consigliere John Ehrlichman, passando per il vicedirettore del comitato di rielezione Jeb Stuart Magruder e soprattutto per il consigliere legale di Nixon John Dean, che ammette le responsabilità gravissime della Casa Bianca in operazioni di spionaggio e sabotaggio delle informazioni.

I nastri di Nixon

A complicare un quadro già di per sé alquanto fosco, da un lato l’atteggiamento ostativo di Richard Nixon, dall’altro la rivelazione dell’esistenza di registrazioni segrete di conversazioni e incontri dello stesso presidente. A nulla vale la richiesta di Nixon di far valere il «privilegio dell’esecutivo» per non rendere pubblici i nastri o la sostituzione del procuratore generale Elliot Richardson con il più malleabile Robert Bork. Né tantomeno il rilascio di alcune trascrizioni delle registrazioni: il 24 luglio del 1974 la Corte Suprema americana impone alla Casa Bianca la consegna dei nastri. Nella foto il procuratore speciale Archibald Cox, fatto licenziare da Nixon con l’accusa di essere andato troppo oltre rispetto al mandato di indagare sul caso.

Quei 18 minuti di conversazione scomparsi

Gli americani seguono quotidianamente gli sviluppi dello scandalo e vivono una delle pagine più cupe della loro storia democratica con un presidente ormai privo di credibilità e un intero sistema politico corresponsabile di illeciti gravissimi, tra cui l’aver creato un sistema di fondi neri per finanziare attività segrete contro avversari politici sul suolo americano e altrove. Il punto più basso si tocca con la scoperta della cancellazione di una parte cruciale di un nastro: 18 minuti di conversazione fondamentali ai fini dell’inchiesta, spariti – così si vorrà far credere – per un errore della segretaria di Nixon.

Il presidente solo

I risultati dell’inchiesta e le successive ammissioni di colpa da parte dei collaboratori più stretti de Presidente rendono più chiaro il quadro politico in cui è maturato lo scandalo Watergate, comprovando agli occhi dell’opinione pubblica l’esistenza di una linea politica parallela e segreta dei repubblicani, disposta a commettere gravi e ripetuti atti illegali. Nel successivo processo del gennaio 1974 diversi membri dello staff per la campagna elettorale di Nixon vengono condannati per aver depistato le indagini sul caso Watergate. Di lì a poco anche la posizione di Nixon inizia a vacillare e si avvia la procedura di impeachment (messa in stato di accusa, ndr) con le accuse pesantissime di abuso di potere e ostacolo al Congresso, oltre naturalmente a quella di aver ostacolato le indagini del caso Watergate.

Le dimissioni di Nixon

Lettera di dimissioni del Presidente Nixon il 9 agosto 1974 alle ore 11,35.

Lettera di dimissioni del Presidente Nixon il 9 agosto 1974 alle ore 11,35.

Prima che le accuse vengano formulate Richard Nixon comunica le proprie dimissioni in diretta tv ai primi di agosto del 1974. Le conseguenze dello scandalo peseranno per anni sulla compagine politica repubblicana e più in generale mineranno la fiducia dei cittadini americani nei confronti del mondo politico tout court e dell’attività dei servizi di sicurezza nazionale.

I media e il caso Nixon

Ne esce meglio il mondo dell’informazione, protagonista di un attacco frontale al sistema di potere attraverso un giornalismo d’inchiesta in grado di andare a colpire anche il gradino più alto dell’amministrazione americana. A conclusione dello scandalo Watergate i due reporter del Washington Post Bob Woodward e Carl Bernstein vengono insigniti del prestigioso Premio Pulitzer e scrivono a quattro mani il bestseller «Tutti gli uomini del presidente», portato poi sul grande schermo dal regista Alan J. Pakula con le magistrali interpretazioni di Robert Redford-Bob Woodward e Dustin Hoffmann-Carl Bernstein.

Tutti i film del presidente

La controversa figura del presidente americano e i cruciali avvenimenti del caso Watergate sono stati al centro di diverse pellicole. Negli anni 80, Robert Altman investiga sul dramma umano di Nixon dirigendo Philip Baker Hall nella parte dell’ex Presidente nel film «Secret Honor», mentre dieci anni dopo è Oliver Stone a raccontare le ambizioni sconfinate di Nixon, la scalata alla Casa Bianca e il suo declino ne «Gli intrighi del potere». Nel 2008 a riportare alla ribalta il caso, è il regista Ron Howard con «Frost/Nixon – Il duello» che racconta la realizzazione delle interviste esclusive a Nixon registrate nel 1977 dal giornalista britannico David Frost, che all’epoca si giocò il tutto per tutto pur di realizzare un grande scoop e riuscire a far confessare all’ex presidente le sue responsabilità. Sul versante commedia nel 1999 esce il dissacrante «Dick», che vede le giovani future stelle di Hollywood, Kirsten Dunst e Michelle Williams, protagoniste involontarie del caso Watergate: saranno loro a raccontare ai due giornalisti del Washington Post i maneggi della Casa Bianca. Mentre non manca una citazione dello scandalo politico nella pietra miliare del cinema americano «Forrest Gump», con il giovane Tom Hanks/Forrest protagonista chiave di molti eventi e anche del Watergate.

SGF – M5S: il mio pensiero sulla batosta delle amministrative 2017.

Ritengo di essere un uomo libero e senza padroni, per cui parlo e scrivo.

Auspico, prima di tutto, che questa batosta sia salutare per il futuro del M5S!

Quello che mi imbarazza e mi preoccupa di più in questo momento, nel M5S, per il risultato, checché se ne dica, negativo, delle amministrative 2017, è la mancanza della capacità e dell’umiltà di fare autocritica, di recitare il mea culpa, di riconoscere le proprie responsabilità, di riflettere seriamente, e di conseguenza evitare errori che da troppo tempo il M5S si trascina, in particolar modo qui in Calabria.

Noto, invece, da parte di tanti, l’arroganza di dire che va tutto bene. Che è TUTTOAPPOSTO. Che quasi queste amministrative siano state un successo.

Fra qualche sera, da parte di qualcuno, sentiremo dire che il M5S ha vinto tutti i ballottaggi e di conseguenza le amministrative 2017.

Però cresciamo lentamente! Lentamente, ma cresciamo! Spero che di questo passo il M5S non vada a governare il Paese tra 150 anni.

Nessuno, con onestà, nel M5S, parla dell’alto tasso di astensionismo in queste amministrative.

L’altissima partecipazione elettorale che ha contraddistinto il referendum del 4 dicembre scorso, aveva fatto ben sperare che si fosse sulla strada giusta. Ma, evidentemente, il M5S non è stato capace, diversamente dai partiti, in questi ultimi mesi, di far diminuire ulteriormente l’astensionismo offrendo ai cittadini e ai territori, quelle garanzie, quella speranza e quelle tutele necessarie a far intravvedere una migliore prospettiva di sviluppo e di benessere circa l’attuale pessima situazione delle città e delle realtà locali che è sotto gli occhi di tutti.

Non si dica che la colpa sia sempre e solo della mafia, della criminalità, del voto di scambio, del potere, delle liste civiche, dei partiti e delle condizioni di povertà in cui molti cittadini e famiglie versano, perché sarebbe un’offesa all’intelligenza di quanti simpatizzano e sono attivisti nei confronti del M5S.

Si usi di più l’umiltà e non la solita prosopopea!

Si riduca la distanza con i cittadini, si riparta dai territori, dal dialogo con la gente, dalla vicinanza con le famiglie, da quegli organismi con cui è nato e cresciuto il M5S, ossia i Meetup!

Non dimentichiamo che dovremmo andare, al più presto possibile, a governare, non un comune, una città, ma il Paese Italia!

Più onestà, più trasparenza, più verità, più umiltà e meno arroganza!

Pietro Giovanni Spadafora
Attivista Meetup San Giovanni in Fiore (CS)

M5S – Risultati elezioni amministrative 2017.

Se gli exit poll di questa tornata elettorale, che vedrebbero una sonora sconfitta per il M5S, dovessero essere confermati, ci sarà bisogno di una forte, necessaria e profonda riflessione.

Ma soprattutto di primo acchito, alcune domande sorgono spontanee:

Che cosa non ha funzionato?

Quali strategie andrebbero riviste?

Quali criteri per la scelta dei candidati andrebbero utilizzati?

Che tipo di organizzazione interna sarebbe necessaria?

Non andrebbe, forse, considerato l’operato fattivo e territoriale dei meetup, che spesso e volentieri sono poco apprezzati e dei quali molti vengono bypassati, se non, addirittura, distrutti?

Chi ha sbagliato?

Chi dovrebbe farsi un vero esame di coscienza per questa eventuale debacle amministrativa?

E in Calabria, di chi saranno le responsabilità dell’eventuale clamorosa sconfitta?

Meetup M5S SGF