Ah, il denaro!

Cosa resterà della letteratura?

Di Paolo Di Stefano – Fonte “ Corriere della Sera/Opinioni”

In un recente libro di Silvio Perrella, Insperati incontri (editore Gaffi), si può leggere, tra le tante belle interviste, una conversazione con un grande filologo e critico come D’Arco Silvio Avalle. Era il 1987 e Avalle parlava del degrado culturale, della scomparsa dei maestri, della debolezza della critica militante, della mancanza di «profondità morale»: «La letteratura — diceva — non è solo belle lettere, è anche impatto con la vita reale, sofferenza, impegno». Sorprendente sentire da una voce autorevole di trent’anni fa quel che si sente dire oggi dell’oggi. La scorsa settimana, Fahrenheit di Radio3 ha proposto una serie di interventi, condotti da Loredana Lipperini e centrati su una domanda: cosa resterà? Che cosa resterà dei tanti libri degli ultimi decenni che sono ingiustamente naufragati nel nulla o quasi? Paolo Mauri ha detto più o meno quel che diceva Avalle: per varie ragioni la critica, che selezionava i valori, è venuta a mancare e dunque il vero «gesto critico» è, nel bene e nel male, delegato agli editori. Aggiungeva, Mauri, un’osservazione sacrosanta: ai grandi editori interessano soprattutto le novità e i bestseller finché durano. Il resto è pressoché un fastidio. È per questo che a rilanciare alcuni libri dimenticati devono pensarci i piccoli: TerraRossa, Hacca, Corrimano, Laurana (in forma digitale) e altri. Il Saggiatore, che proprio piccolo non è, ha recuperato diversi capolavori del secondo Novecento (Stella variabile di Sereni è tra i più recenti). Interlinea ha mandato in libreria Uno di New York, romanzo di Enrico Emanuelli datato 1959 e recensito da Montale, ma oggi chi si ricorda di Emanuelli? Quell’anno lo Strega fu vinto (postumo) da Tomasi di Lampedusa contro (udite, udite!) Fenoglio, Testori, Pasolini, Ottieri, Frassineti: erano anni in cui i colossi non imponevano ancora la loro legge militare insindacabile. Gli anni prima fu vinto da Bassani, Morante, Buzzati. Dove sarebbero finiti questi bei nomi in un mercato, come quello attuale, in cui gli spazi in vetrina nelle librerie di catena si vendono un tot al metro a chi offre di più? E in un mondo culturale in cui è tanto facile ascoltare lo scrittore a ogni angolo di piazza quanto superfluo leggerlo. Ciò che rimane della letteratura? Rimane che la letteratura come valore morale, civile, artistico conta sempre meno; conta ciò che la «letteratura» può fruttare di visibilità e di fatturato.

Ah, il denaro!ultima modifica: 2017-07-11T23:02:51+02:00da pietrogiovanni1
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