Politica: siamo solo sudditi! – SEMPRE PIÙ ATTUALE! NO, ANZI, ATTUALISSIMO!

Politica: siamo solo sudditi!Massimo-Fini[1]

Quello che ha scritto il giornalista e scrittore Massimo Fini è sempre più attuale.

DEMOCRAZIA: il grande imbroglio dei partiti politici, movimenti, dei loro capibastone, adepti, affiliati e codazzi vari.

Molti cittadini sostengono che i partiti politici, movimenti ecc., siano il sale della democrazia. Nulla di più falso. Anzi! I partiti politici e le forze politiche tutte, hanno ucciso la democrazia.

Ma che cos’è, realmente, la democrazia?

Dal libro “Sudditi” di Massimo Fini

Democrazia significa, etimologicamente, “governo del popolo”. Scordiamoci che il popolo abbia mai governato alcunché, almeno da quando esiste la democrazia liberale. Se c’è qualcosa che fa sorgere nell’animo di un liberale un puro sentimento di orrore è il governo del popolo.

A molti miei conoscenti, di buona cultura, quando ho posto la domanda quale fosse la caratteristica essenziale della democrazia, essi mi hanno dato le risposte più disparate: “il consenso”, “la libertà”, “l’uguaglianza”, “la rappresentanza”, “le elezioni”, “il criterio della maggioranza”, “il controllo sull’attività dei governati”. Si potrebbe andare avanti, per pagine e per decenni, ma non si troverebbe la regola base della democrazia liberale.

Anche fra gli addetti ai lavori, gli studiosi delle dottrine politiche, circolano svariate e quasi infinite definizioni. Però nessun elemento, preso di per sé, sembra esclusivo della democrazia e quindi abile a definirla.

Ma allora potrebbe essere il pluripartitismo la caratteristica essenziale della democrazia in quanto esso sarebbe il sale della democrazia? Niente affatto! Già negli anni Venti del Novecento, come sostengono illustri economisti, sociologi e filosofi, l’esistenza dei partiti non è contemplata da nessuna Costituzione democratica e liberale.

Oggi, pur avendo i partiti occupato ogni ambito del settore pubblico e anche parte di quello privato, la Costituzione italiana ne fa cenno in un solo, scarno, articolo per dire che: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.). Ma questa possibilità di associarsi è diventata un obbligo cui non ci si può sottrarre senza condannarsi a una vita al margine. I partiti non sono l’essenza della democrazia, ne sono la fine.

In realtà nessuna democrazia rappresentativa è una democrazia, ma un sistema di minoranze organizzate che prevalgono sulla maggioranza dei cittadini singolarmente presi, soffocandoli, limitandone gravemente la libertà e tenendoli in una condizione di minorità. È un sistema di oligarchie come preferiscono chiamarle diversi studiosi e costituzionalisti.

Chi appartiene a queste oligarchie non ha qualità specifiche. La classe politica democratica è formata da persone che hanno come elemento di distinzione unicamente, e tautologicamente, quello di fare politica. La loro legittimazione  è tutta interna al meccanismo politico che le ha prodotte. Sono i professionisti della politica, che vivono di politica e sulla politica.

La democrazia è innanzitutto e soprattutto un metodo per determinare la scelta dei governanti.

Infatti il voto del cittadino singolo, libero, non intruppato in gruppi, si diversifica e si disperde, proprio perché libero, laddove gli apparati dei partiti, facendo blocco, sono quelli che effettivamente decidono chi deve essere eletto. Il voto di opinione, cioè il voto veramente libero, non ha alcun peso rispetto al voto organizzato, facendolo diventare, in sostanza, un voto non più libero con il consenso truccato. Noi non scegliamo i candidati alle elezioni. Li scelgono i partiti, cioè le oligarchie. Il popolo che teoricamente e formalmente detiene la sovranità subisce quindi una serie di espropriazioni.

Questo enorme ceto medio si divide fra destra e sinistra con la stessa razionalità con cui si tifa Roma invece che Lazio, Milan o Inter.  E quando il cosiddetto “popolo della sinistra” (o della destra) scende in piazza per festeggiare qualche vittoria elettorale, ballando, cantando, saltando, agitandosi, è particolarmente patetico perché i vantaggi che trae da quella vittoria sono puramente immaginari, o, nella migliore delle ipotesi, sentimentali, mentre i ricavi reali vanno non a quegli spettatori illusi ma a chi sta giocando la partita del potere.

Ad ogni tornata elettorale c’è un solo sconfitto sicuro, che non è la fazione che l’ha perduta ma proprio quel popolo festante insieme a quell’altro che è rimasto a casa a masticare amaro per le stesse ragionevoli ragioni per cui l’altro è sceso in piazza. Vinca il Milan o l’Inter è sempre lo spettatore a pagare lo spettacolo. Quanto ai giocatori, ai vincitori andrà certamente la parte più consistente del bottino, ma anche ai perdenti non mancheranno i premi di consolazione. Fra le oligarchie politiche esiste infatti, checché gridino il contrario, un tacito patto per non portare il gioco alle estreme conseguenze. Non conviene a nessuno. C’è tutta la vasta area del sottogoverno e del parastato che consente di ritagliare le giuste prebende per i perdenti, garantendosi così che alla tornata successiva, a parti invertite, sia ricambiato il favore. Per quanto in competizione per il potere le oligarchie politiche sono unite da un interesse comune che prevale su tutti gli altri: l’interesse di classe.

Quella politica, con i suoi addentellati, è in pratica la sola classe rimasta in piazza. Presa nel complesso è una nomenklatura, non molto diversa da quella sovietica, il cui obiettivo primario è l’autoconservazione, il mantenimento del potere e dei vantaggi che vi sono connessi. E il nemico mortale di un oligarca non è tanto un altro oligarca, col quale si può sempre trovare un accordo, perché si fa parte della stessa classe, si partecipa allo stesso gioco, ci si sbertuccia di giorno davanti agli schermi TV e si va a cena la sera, strizzandosi l’occhio, quasi increduli per aver fatto colpo alla ruota della Fortuna, ma è proprio il popolo di cui va vampirizzato e magari, una volta ogni cinque anni, anche pietito il consenso, ma che va tenuto a bada e a debita distanza dagli arcana del potere democratico, perché continui a credere, o almeno a fingere di credere, al gioco.

Niente di nuovo sotto il sole. La democrazia non è un regime diverso da altri. È solo una delle tante forme, forse la più subdola, che nella Storia ha preso il potere oligarchico. Quelli del mondo feudale si erano inventati i diritti di sangue, questi il consenso democratico.

Politica: siamo solo sudditi! – SEMPRE PIÙ ATTUALE! NO, ANZI, ATTUALISSIMO!ultima modifica: 2016-02-17T22:32:22+01:00da pietrogiovanni1
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