Calabria – Borghi fantasma e abbandonati.

Grazie ai partiti e alla loro miope politica più che trentennale, tante famiglie e tanti giovani, ancora oggi, continuano a scappare da questa nostra terra per andare a sbarcare il lunario da qualche altra parte.

Oggi molti politicanti pentiti, imperversando la fiera dei sensi di colpa, con la solita demagogia che gli appartiene, cercano di rilanciare idee per ripopolare i tanti borghi del Sud Italia abbandonati e diventati borghi fantasma.

Propaganda partitica allo stato puro in previsione di candidature ed elezioni politiche.

Impossibile far ritornare famiglie e popolazioni che da tantissimi anni ormai si sono stabilite fuori dai propri borghi originali.

Tuttavia una soluzione potrebbe esserci: si tolgano i politicanti stessi dai piedi, ripopolino i borghi e imparino finalmente a lavorare, dato che per la gran parte di questi vecchi papaveri e adepti della partitocrazia si tratterebbe di un’esperienza del tutto nuova.

Non sono altro che tantissime buone braccia tolte all’agricoltura!

Pietro Giovanni Spadafora

San Giovanni in Fiore – Municipio nuovo, politica vecchia.

A partire da domani e fino a mercoledì prossimo, gli uffici comunali saranno chiusi al pubblico per impegni nelle operazioni di trasloco presso la sede, ristrutturata, lucidata, e messa a nuovo, di Piazza Matteotti.

Tutto ciò fa intuire che a breve ci sarà l’inaugurazione con una cerimonia alla quale saranno presenti i vari rappresentanti delle istituzioni locali, provinciali e regionali.

Va subito detto che i lavori che hanno riguardato la ristrutturazione del Municipio sangiovannese dovevano terminare cinque anni fa, ma si sa che in Italia non si rispettano mai le regole né le scadenze. Chissà perché! Tuttavia è meglio tardi che mai!

Certamente ci sarà il tentativo di far diventare il nuovo, ristrutturato Palazzo Comunale, il simbolo dell’”orgoglio della piccola casta politica locale”, della “rigenerazione di una comunità”, del “riscatto del popolo sangiovannese”, della “politica del fare e non del parlare”. Tentativo che, ahimè, più che arduo mi sembra impossibile.

Con l’inaugurazione del nuovo Palazzo Comunale verranno fuori, al contrario, una serie di riflessioni in ognuno di noi cittadini sangiovannesi. Verranno al pettine i tanti errori nostri e della vecchia politica, ma anche tutte le debolezze del nostro carattere sangiovannese, l’incapacità di sentirsi, tante volte, popolo, il cinismo, l’opportunismo, la furbizia, la cialtroneria, le leggerezze, la poca onestà intellettuale, la mancanza di trasparenza, di coraggio e fermezza, e spesso, cosa brutta, la tanta ipocrisia diffusa.

È chiaro che il Palazzo Comunale, in senso fisico, come struttura, è una cosa. Le istituzioni pubbliche che esso rappresenta sono un’altra cosa.

È anche chiaro che le istituzioni, nate per tutelare i cittadini sotto ogni aspetto del convivere civile, spesso e volentieri vengono calpestate e irrise proprio dalla politica, da quella vecchia e miope politica, ma, soprattutto, da quella partitocrazia con comportamenti e atteggiamenti fino al limite dell’eversione.

Le pubbliche istituzioni sono state completamente esautorate dai partiti. L’istituzione comunale, in quanto tale, non esiste più. Esistono solo le segreterie dei partiti, con i loro diritti di veto, con le loro manovre sottobanco e, ormai, spudoratamente, anche sopra il banco. Oggi una segreteria di partito  vale molto di più del Palazzo Comunale.

Spesso e volentieri il bene comune, la tutela del cittadino e, non di meno, la dignità delle persone, devono morire, perché così decidono le oscure alchimie che regolano i rapporti di forza tra la partitocrazia, fra i partiti e, all’interno di questi, fra le loro consorterie.

Saranno sempre gli stessi partiti con i loro uomini e adepti, a cantare, come un disco rotto, la stessa ipocrita canzone dello sviluppo, del benessere, dell’occupazione, del welfare, della diminuzione delle tasse, della buona sanità, della buona scuola, degli ottimi servizi e della buona politica del fare.

Saranno sempre loro, i partiti, ad occupare abusivamente le istituzioni e quasi ogni angolo della vita civile, facendo diventare i cittadini sudditi, costringendoli, il più delle volte, a vivere ai margini, nella povertà.

Avremo un Palazzo Comunale nuovo, bello, dignitoso, ma non dimentichiamoci che continueremo ad avere anche la partitocrazia, cancro invisibile della società italiana a tutti i livelli, la quale, se si vuole restituire anche a questa comunità, la comunità sangiovannese, un minimo di decenza democratica e civile, va mandata a casa appena possibile. Altrimenti, a noi cittadini, non resta altro che piangere lacrime di frustrazione, di rabbia e d’impotenza.

Pietro Giovanni Spadafora

Ah, il denaro!

Cosa resterà della letteratura?

Di Paolo Di Stefano – Fonte “ Corriere della Sera/Opinioni”

In un recente libro di Silvio Perrella, Insperati incontri (editore Gaffi), si può leggere, tra le tante belle interviste, una conversazione con un grande filologo e critico come D’Arco Silvio Avalle. Era il 1987 e Avalle parlava del degrado culturale, della scomparsa dei maestri, della debolezza della critica militante, della mancanza di «profondità morale»: «La letteratura — diceva — non è solo belle lettere, è anche impatto con la vita reale, sofferenza, impegno». Sorprendente sentire da una voce autorevole di trent’anni fa quel che si sente dire oggi dell’oggi. La scorsa settimana, Fahrenheit di Radio3 ha proposto una serie di interventi, condotti da Loredana Lipperini e centrati su una domanda: cosa resterà? Che cosa resterà dei tanti libri degli ultimi decenni che sono ingiustamente naufragati nel nulla o quasi? Paolo Mauri ha detto più o meno quel che diceva Avalle: per varie ragioni la critica, che selezionava i valori, è venuta a mancare e dunque il vero «gesto critico» è, nel bene e nel male, delegato agli editori. Aggiungeva, Mauri, un’osservazione sacrosanta: ai grandi editori interessano soprattutto le novità e i bestseller finché durano. Il resto è pressoché un fastidio. È per questo che a rilanciare alcuni libri dimenticati devono pensarci i piccoli: TerraRossa, Hacca, Corrimano, Laurana (in forma digitale) e altri. Il Saggiatore, che proprio piccolo non è, ha recuperato diversi capolavori del secondo Novecento (Stella variabile di Sereni è tra i più recenti). Interlinea ha mandato in libreria Uno di New York, romanzo di Enrico Emanuelli datato 1959 e recensito da Montale, ma oggi chi si ricorda di Emanuelli? Quell’anno lo Strega fu vinto (postumo) da Tomasi di Lampedusa contro (udite, udite!) Fenoglio, Testori, Pasolini, Ottieri, Frassineti: erano anni in cui i colossi non imponevano ancora la loro legge militare insindacabile. Gli anni prima fu vinto da Bassani, Morante, Buzzati. Dove sarebbero finiti questi bei nomi in un mercato, come quello attuale, in cui gli spazi in vetrina nelle librerie di catena si vendono un tot al metro a chi offre di più? E in un mondo culturale in cui è tanto facile ascoltare lo scrittore a ogni angolo di piazza quanto superfluo leggerlo. Ciò che rimane della letteratura? Rimane che la letteratura come valore morale, civile, artistico conta sempre meno; conta ciò che la «letteratura» può fruttare di visibilità e di fatturato.

CALABRIA: la politica?

Solo annunci, promesse, proclami, presentazione di piani e programmi, tagli di nastri, inaugurazioni fasulle, incontri, convegni, conferenze, mangiate, abbuffate, ritrovi con amici nei parchi naturali, Cupone, Camigliatello, Lorica, Sila e mare;

i corrotti pontificano e addirittura, loro, criticano la mala politica;

arrivo di qualche milione di euro e poi la logica spartitoria tra amici ed amici;

la magistratura fa il suo lavoro, ma dicono che sia impotente.

Alla fine non succede mai nulla. Niente!

E i cittadini calabresi?

Ancora continuano a dormire sonni tranquilli.

SOLDI PUBBLICI, SOLDI NOSTRI.

Con il beneplacito di questa classe politica, di questa partitocrazia, della Banca Centrale Europea (BCE) e di QUESTA EUROPA, per le banche venete ci sono milioni di euro;

per il Monte Paschi di Siena ci sono miliardi di euro;

per i presentatori di Rai Tv ci sono cachet di milioni di euro;

per i disoccupati, per i giovani, per i pensionati, per i poveri e per la sanità pubblica, non c’è mai nulla;

per i lavoratori anziani c’è solo da crepare fino a 70 anni;

per quest’immane esodo di migranti c’è solo l’Italia;

e per gli italiani c’è solo il cappio del fiscal compact;

UNA POLITICA CRIMINALE!

MA CHE RAZZA DI EUROPA E’ QUESTA?

QUAND’E’ CHE CI RIBELLEREMO?

QUAND’E’ CHE SCENDEREMO IN PIAZZA?

San Giovanni in Fiore – Lo scempio della vasca di fronte al Municipio.

Peccato che a San Giovanni in Fiore non circolino più asini, né cavalli, né ovini, né bovini, perché, altrimenti, la vasca costruita nella Piazza antistante al Palazzo Comunale, sarebbe stata un ottimo abbeveratoio per essi.

Ma oltre a questo, ci sarebbero due aspetti per i quali tale opera andrebbe immediatamente demolita:

prima perché è pericolosa sotto l’aspetto della sicurezza. Infatti bambini e anziani che dovessero sedersi ai margini e ai bordi di tale vasca, correrebbero il rischio di caderci dentro con tutte le probabili conseguenze nefaste. Inoltre andrebbero anche smussati e ricostruiti, con forma rotondeggiante, tutti gli angoli della vasca a 90° (come evidenziato dal particolare della foto), che sono pericolosi per quei cittadini che, trovandosi da quelle parti, potrebbero urtarci contro, nonché per i bambini che dovessero decidere di giocare intorno alla stessa;

poi perché tale struttura è una bruttura sia sotto l’aspetto del decoro urbano, sia sotto l’aspetto architettonico. Sì, perché se la si guarda dal lato Est della Piazza, non si intravvede altro che una parete insignificante di un muro che non fa altro che offuscare e rendere un obbrobrio la visualizzazione della gradinata dinanzi alla stessa Piazza (vedasi foto).

Ringraziamo i novelli Ictino e Callicrate , o altri grandi architetti o progettisti, che si sono profusi per la brillante ideazione e per la realizzazione della monumentale opera architettonica ed ingegneristica!

A nostro modesto parere, sarebbe stata molto più bella una semplice fontana di forma circolare con relativo zampillo come quella della foto allegata.

Infine, rispetto all’opera realizzata sotto Via Matteotti, che presumiamo sia un piccolo teatro per potere svolgere delle manifestazioni di vario genere, potevano essere aggiunti, nella parte superiore, almeno altri due ordini di gradini per creare più posti a sedere.

Certo che a San Giovanni in Fiore si riesce a stupire con effetti sempre più speciali!

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