ITALIA – Si diventa anziani dopo i 75 anni di età.

L'immagine può contenere: una o più persone e persone in piediNella nostra amata Italia si diventa anziani (vecchi) dopo i 75 anni di età.

Chi l’ha dichiarato?

Lo ha dichiarato la S.I.G.G. (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria) nel 63° Congresso Nazionale in corso in questi giorni a Roma.

UNA PURA DICHIARAZIONE DI GUERRA!

Cui prodest?

Se si vogliono inventare ulteriori stratagemmi e corbellerie varie per far lavorare la gente fino a 80 anni di età, con lo scopo di farla crepare sul lavoro per risparmiare sulla spesa pensionistica, lo si dica chiaramente!

Come ci si può fidare di alcune statistiche e medie, come sosteneva il poeta e scrittore statunitense Charles Bukowski, se un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura corporea media?

NON SI TIRI TROPPO LA CORDA E SI SCHERZI COL FUOCO!

A quando una prossima dichiarazione in cui si dica che chi ha meno di 75 anni di età e una pensione dovrà essere richiamato a lavorare?

Abbiamo già in vigore la legge Fornero sulle pensioni decisamente devastante e sconvolgente, non solo per i vecchi, ma anche per i giovani, che si sta cercando di correggere, e si continua a perseverare con queste propagande deleterie?

BASTA CON QUESTE DICHIARAZIONI CRIMINALI!

PGS

San Giovanni in Fiore – Un’idea… o un’utopia?

L'immagine può contenere: cielo, abitazione e spazio all'apertoL'immagine può contenere: testo

Empowerment a San Giovanni in Fiore: a quando una convocazione degli stati generali?

Vanno bene le sagre, le luminarie natalizie, i Natali esagerati, i mercatini, gli incontri su diverse tematiche, convegni, le autocelebrazioni e cose del genere. Ma senza polemiche, tutto ciò non basta. Non basta più! Non porta ad alcun miglioramento concreto della nostra comunità.

Ferme restando le sensibilità politiche di ognuno di noi, non possiamo più permetterci di essere, oggi, e per il futuro, una comunità divisa! “Divide et impera”.

Purtroppo, soprattutto, anche qui da noi la crisi politica, sociale ed economico-finanziaria ha acuito la vulnerabilità e ha generato un impoverimento materiale e di prospettive della nostra popolazione, pensiamo al fenomeno dello spopolamento, alla sanità inesistente, al doppiopesismo del sindacato, a una stampa locale, a parte qualcuno, che più che stimolare il dibattito sociale e politico, propina esclusivamente le solite minestre riscaldate, abdicando, pertanto, a quel ruolo di cane da guardia del potere, diventando, come dice Travaglio, il cane da compagnia o da riporto. Pensiamo al fenomeno dei giovani che scappano, alle nuove povertà, alle difficili condizioni di tante famiglie e donne.

Non solo, la crisi ha anche determinato importanti conseguenze sul piano culturale e sociale, generando un complessivo indebolimento dei legami sociali e delle reti di mutuo aiuto. Lo scontro politico, culturale e sociale, qui da noi, è quotidiano. Siamo perennemente in campagna elettorale, perennemente in una contrapposizione strumentale, perennemente in competizione. Invece, finita la campagna elettorale e determinato il vincitore, dovremmo ritornare ad essere una comunità.

Il nostro contesto sociale è attraversato da situazioni di fragilità, isolamento e povertà economica e relazionale che non riguardano più solo alcune sacche della comunità, ma che attraversano tutte le fasce della popolazione, persone e famiglie non abituate ad interloquire più.

Da qui la necessità dell’empowerment.

Che cos’è l’empowerment?

È un concetto che definisce un processo.

Per empowerment si intende un processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita (Marc A Zimmerman, Professor of Public Health, University of Michigan).

Si distinguono tre tipi di empowerment:

INDIVIDUALE: processo attraverso il quale gli individui acquisiscono competenze, accrescono la capacità di controllare attivamente la propria vita e sviluppano la consapevolezza critica del loro ambiente sociale, politico e culturale;

ORGANIZZATIVO: processo attraverso il quale individui appartenenti ad un gruppo sono coinvolti attivamente, si sentono responsabili di ciò che accade ed esercitano un’influenza sui rappresentanti eletti e sui servizi erogati;

DI COMUNITÀ: processo attraverso il quale individui appartenenti ad una comunità, ovvero i cittadini, si attivano nei confronti delle strutture socio-politiche e sviluppano la capacità di incidere sulle trasformazioni sociali.

C’è il bisogno di suscitare e destare l’interesse per progetti di Percorsi di Cittadinanza per far conoscere e diffondere le modalità operative dell’empowerment individuale e organizzativo in modo da sviluppare l’empowerment di comunità, attraverso la diffusione di buone pratiche.

Il concetto di empowerment è applicato in molti ambiti, come la politica, la psicologia, le aziende e, sempre più spesso, legato alla salute.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la salute è uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia e di infermità”. Salute dunque come “stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”.

Essere in salute non è quindi il semplice prodotto di una organizzazione sanitaria efficiente, ma il risultato di una serie di fattori di tipo sociale, ambientale, economico e genetico. La salute da “stato” diventa così “processo”, del quale l’individuo e la comunità sono attori: è infatti attraverso il rafforzamento delle loro capacità e competenze che possono aumentare il controllo sulla propria salute e migliorarla, divenendo cioè “empowered”.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha più volte affermato che l’azione di comunità e l’empowerment sono pre-requisiti per la salute.

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P.S. – È chiaro che il ruolo di playmaker, rispetto all’empowerment, spetta, a prescindere dal colore politico, all’Amministrazione Comunale. Essa, essenzialmente, dovrebbe svolgere il compito di guidare la fase offensiva e di rilancio di questa nostra comunità.

AUGURI

Nessun testo alternativo automatico disponibile.Intendiamoci! Non v’è alcun male nel formulare gli auguri di qualche ricorrenza ad un amico. Manifestarli, però, pubblicamente, quando si ricoprono determinati ruoli istituzionali, richiederebbe un po’ più di prudenza. Non si possono offendere popolazioni, comunità e intelligenze dei cittadini.

La verità è che particolari istituzioni ed organismi pubblici, creati ad hoc, per combattere alcuni dei più famigerati fenomeni italiani, sono inutili e costosi.. E la storia di questi ultimi anni ce lo insegna.

Infine, diversi membri di tali istituzioni, chiacchierati e inadatti, dovrebbero subito dimettersi. Non per altro, ma semplicemente per una scarsa etica politica e sociale.

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IN PIEDI!

L'immagine può contenere: 1 persona, persona sedutaPer tutte le violenze consumate su di lei,

per tutte le umiliazioni che ha subito,

per il suo corpo che avete sfruttato,

per la sua intelligenza che avete calpestato,

per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,

per la libertà che le avete negato,

per la bocca che le avete tappato,

per le sue ali che avete tarpato,

per tutto questo:

in piedi, signori, davanti ad una Donna!”

(William Shakespeare)

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STAND UP!

For all the violence imposed on her,

for all the humiliation she has suffered,

for her body that you have taken advantage of,

for her intelligence that you have stepped,

for the ignorance which you have left her in,

for the freedom you have denied her,

for the mouth you shut, and for the wings you clipped,

for all this:

stand Gentlemen in front of a Woman!

(William Shakespeare)

CADUTA DEL GOVERNO

L'immagine può contenere: 1 persona, primo pianoL'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi e spazio all'aperto

A tutti quelli che auspicano (domani mattina) la caduta dell’attuale Governo LEGA/M5S, vorrei chiedere quale sarebbe l’alternativa. Un governo tecnico? Un governo sostenuto da una maggioranza dei vecchi partiti? Con i soliti politici? I soliti tecnici? Un governo imposto da questo tipo di Europa? O altro?

Una cosa è sicura! Dal 1° gennaio 2019 prossimo, per andare in pensione, rimanendo la legge Fornero, necessiteranno o 67 anni di età, o 43 anni e 3 mesi di contributi. Fra qualche anno i requisiti saranno, grazie sempre alla cosiddetta aspettativa di vita (una pura invenzione), di 70 anni.

Significherebbe far continuare a lavorare gli anziani, già minati dal tempo, fino a farli crepare completamente, facendo, così, aumentare anche i disservizi nei vari settori.

Significherebbe far aumentare ulteriormente la disoccupazione dei giovani e la precarietà non potendosi liberare nuovi posti di lavoro.

Significherebbe far aumentare il numero dei cittadini e delle famiglie che vivrebbero sotto la soglia della povertà.

Significherebbe far aumentare ulteriormente lo spopolamento delle regioni e dei borghi, in particolare al Sud, e far versare al popolo ulteriori nuove lacrime e sangue.

Significherebbe far aumentare la corruzione e i corrotti.

La continuazione di una politica criminale!

La Fornero, di sicuro, si metterebbe a piangere di nuovo.

Alle lacrime, come al solito, ci penserebbe lei, a noi cittadini rimarrebbe il versamento del sangue, salute permettendo.

PGS

SAN GIOVANNI IN FIORE e CALABRIA – LO SPOPOLAMENTO: una paurosa media annuale.

L'immagine può contenere: una o più persone e persone in piediSe prima si emigrava con la valigia di cartone, oggi si emigra con i titoli di studio.

Dati alla mano, ecco lo spopolamento calabrese, e che riguarda, soprattutto, siamo convinti, la comunità e i giovani di San Giovanni in Fiore.

Grazie alla vecchia politica, ai governi passati, ai 20 anni di austerity europea, ai nostri vecchi personaggi politici, alla partitocrazia e a tutta la nostra classe dirigente, questi sono i risultati.

O si dà una chance a questo Governo per iniziare un minimo di cambiamento con un’inversione di tendenza dello stato delle cose (reddito di cittadinanza per aiutare i giovani e quota 100 per le pensioni favorendo lo svecchiamento e il ricambio generazionale), o si torna indietro, sempre più malconci.

Tertium non datur!

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Dati rapporto Demoskopika 2018 per conto Bcc Mediocrati.

Oltre 180 mila giovani calabresi sono emigrati negli ultimi 15 anni.

Una media paurosa: 12.000 (dodicimila) giovani calabresi all’anno; 1.000 (mille) giovani calabresi al mese.

Circa il 50% ha scelto il nord Italia ed il 15,8% l’estero. Il dato emerge dal Rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati.

I dati rilevano un progressivo spostamento dell’incidenza del fenomeno dell’emigrazione verso fasce della popolazione a maggiore istruzione.

Lo studio evidenzia la ripresa di un preoccupante flusso migratorio per ricercare maggiori certezze sul versante occupazionale. Una “emigrazione forzata” che coinvolge soprattutto i nostri giovani che, non riuscendo a trovare occupazioni adeguate alle proprie aspettative, capacità e titolo di studio, sono costretti ad emigrare. Una grave e notevole perdita economica e di capitale umano subita dalla nostra terra calabra.

SEMPRE DAL QUATTORDICESIMO RAPPORTO BCC MEDIOCRATI 2018

Ecco le cause che hanno un maggiore peso sulla scelta dei giovani di emigrare.

Anno 2018 – Valori percentuali

Riguardo le cause strutturali che giustificano la fuga dei cervelli e che incidono maggiormente sulla scelta dei giovani di espatriare o emigrare in altre regioni, c’è sicuramente la mancanza di opportunità di lavoro adeguate alle aspettative, capacità e titolo di studio dei giovani: è il 52,2% ad esserne convinto.

Subito dopo, altre motivazioni strettamente legate alla prima, ossia la mancanza di sicurezza e stabilità del lavoro (48%).

Basse retribuzioni (33,9%).

Mancanza di prospettive di carriera (25,5%).

Stessa percentuale (23,3%), pone l’accento sulle tasse elevate.

Burocrazia che rende difficile fare impresa (23,3%).

In secondo piano avere un sistema poco meritocratico nella selezione del personale (14,9%).

Scarse dotazioni infrastrutturali (8,4%).

Scarso riconoscimento delle professionalità (8,57%).

Pochi sono i giovani che emigrano in cerca di una migliore qualità della vita (5%) che non trovano nella propria terra di origine.

Infine, è colpa di un sistema troppo gerontocratico, governato da una classe dirigente troppo anziana che occupa i ruoli chiave, che li respinge non dando loro lo spazio per realizzarsi (4,7%).

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Panem et circenses

L'immagine può contenere: una o più personeFustigatore e grande osservatore della società romana e dei suoi costumi, il poeta Decimo Giunio Giovenale dicendo che il popolo desiderava ansiosamente due cose, il pane per sfamarsi e l’intrattenimento dei giochi del circo per divertirsi, coniò una locuzione che, dopo duemila anni, ancora oggi è usata per la sua forza comunicativa: Panem et circenses.

Essa sintetizza e simboleggia la politica degli imperatori romani nei confronti del popolo: in cambio di “pane e circo”, gratis, il popolo rinunciò al suo potere politico e ad ogni diritto di manifestare la propria volontà, lasciando agli imperatori campo aperto per qualsiasi azione.

Il popolo di cui si parla è la plebe della città di Roma, costituita da disoccupati che si iscrivevano nelle liste della distribuzione del frumento e formavano il pubblico delle feste e dei giochi.

Essi sopravvivevano grazie proprio a queste elargizioni imperiali e trascorrevano tutta la loro giornata preferibilmente al circo, dove si svolgevano le corse delle bighe, negli anfiteatri, dove c’erano le lotte fra gladiatori e quelle con gli animali feroci, e nei teatri.

I circenses erano, quindi, usati per divertire, cioè per allontanare dalle preoccupazioni e dagli affanni (dal latino de, particella che indica allontanamento, e vertere, che significa “volgere”: volgere altrove, deviare) e dare piacere.

Da allora i potenti, quando hanno bisogno di avere un popolo imbelle e ossequioso che lasci loro mano libera in tutto, adottano gli stessi metodi politici bassamente demagogici.

Quando le persone sono psicologicamente o culturalmente deboli, l’offerta del divertimento da parte del politico di turno è una carta vincente per guadagnare o aumentare enormemente il proprio potere di influenza.

Così si possono organizzare anche divertimenti momentanei, perché siano, come i circenses romani, grandi strumenti di distrazione di massa, distrazione dai problemi reali e strumento di consenso per chi li ha offerti.

“Mutatis mutandis“, oggi, si possono trattare le persone del terzo millennio da “plebe imbelle”, e il poeta Decimo Giunio Giovenale non si meraviglierebbe perché, da grande pessimista quale era, non credeva che l’uomo potesse debellare i vizi insiti nella natura umana e diventare virtuoso.

Tuttavia, una speranza c’è sempre. Ed è quella di non sottovalutare l’intelletto umano, che se opportunamente sollecitato alla riflessione, produce giudizi, e il giudizio è la bussola della vita.

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‘N’IMPORTE QUOI’ – Non importa quale sia: strategia sbagliata che potrà costare molto cara al M5S.

L'immagine può contenere: una o più persone e primo pianoSono diversi anni che vado predicando, non solo io, ma tantissimi altri attivisti e simpatizzanti del M5S, che alcuni metodi di scelta dei candidati sono a dir poco ridicoli e deleteri.

In particolar modo alle ultime politiche di marzo 2018, molti candidati sono stati calati dall’alto con il beneplacito dei responsabili regionali.

Molti candidati, come specchietti per le allodole, sono stati inseriti nei collegi uninominali, ma nulla avevano a che vedere con l’attivismo, i valori, i principi e lo spirito del M5S. Con tali candidature sono stati traditi molti meetup e molti attivisti che lavorano seriamente e appassionatamente nei vari territori.

Oggi se ne piangono le conseguenze, e siamo ancora all’inizio.

Spero che per il futuro si tenga conto di chi lavora realmente per i territori, per la gente e di chi crede veramente nello spirito e nei principi fondanti del M5S.

Fortunatamente non sono il solo a pensarla in questo modo. A riprova di ciò è questo ultimo articolo di un grande giornalista e scrittore qual è MASSIMO FINI.

Pietro Giovanni Spadafora

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Di Massimo Fini

Gregorio De Falco non deve stare a bordo.

Credo che nella prossima legislatura i Cinque Stelle dovranno essere molto più attenti nel selezionare i propri candidati per la Camera e il Senato. Nelle prime due, essendo un movimento nuovo, hanno dovuto imbarcare ‘n’importe quoi’ purché avesse la fedina penale pulita. Così nelle elezioni del 2018 si sono fatti affascinare da Gregorio De Falco, famoso e popolarissimo per la frase diretta al comandante Schettino: “Torni a bordo, cazzo!”. Non c’era alcun bisogno di fare il fenomeno, umiliando un uomo già umiliato e che con tutta evidenza non era più in grado di agire. Quello che doveva fare De Falco, come capo sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, era inviare un elicottero (da Livorno all’Argentario ci vogliono 15 minuti) con a bordo un paio di ufficiali di Marina che scendessero sulla nave e prendessero il controllo della situazione. Non lo fece, accontentandosi di quella inutile e maramaldesca esibizione. Un comandante di una di queste grandi navi, che nella sua lunga carriera non aveva avuto incidenti di rilievo, senza voler difendere l’indifendibile Schettino ma evidentemente rivolto a De Falco, disse: “C’è chi va per mare e chi sta a terra”. E De Falco è uno che nella sua carriera è sempre stato a terra. De Falco si aspettava chissà quale promozione. Invece il suo atteggiamento non piacque affatto, e a nostro avviso giustamente, al Comando generale della Marina mercantile che nel 2014 lo trasferì alla Direzione Marittima di Livorno con le mansioni di capo ufficio studi e relazioni esterne. Fu relegato a un ruolo meramente burocratico, una decisione punitiva tanto che De Falco fece ricorso, ma inutilmente.

De Falco è un uomo che va per terra, molto per terra. Tanto che colse subito l’occasione, approfittando dell’indebita popolarità acquisita, e si fece candidare al Senato dai Cinque Stelle e fu eletto.

Adesso Gregorio De Falco, che a me pare un uomo molto più attento a se stesso che ai valori dei Cinque Stelle, si è messo di traverso contro il Movimento in cui milita (o militava, nel momento in cui scriviamo non sappiamo se è stato espulso) in tre occasioni: sul decreto Sicurezza, sull’emendamento al dl Genova per il quale ha votato contro insieme a Forza Italia e al Pd, sull’articolo 41 che riguarda lo sversamento dei fanghi da depurazione.

E’ vero che la nostra Costituzione all’articolo 67 dichiara: “Ogni membro del Parlamento…esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Questa disposizione fu presa dai nostri Padri costituenti perché ogni parlamentare potesse votare in piena libertà di coscienza. Ma allora i partiti non avevano ancora occupato, del tutto arbitrariamente come abbiamo scritto più volte, buona parte del sistema democratico. Bisogna quindi prendere atto della realtà: la libertà di voto, in linea teorica sacrosanta, si è trasformata nel disinvolto passaggio di un parlamentare da un gruppo all’altro, come abbiamo visto tante, troppe volte, spesso in modo prezzolato (il caso De Gregorio, comprato da Berlusconi con 3 milioni di euro per sottrarlo al gruppo di Antonio Di Pietro, docet). Per evitare queste situazioni i Cinque Stelle si sono dati regole rigidissime sul comportamento dei loro parlamentari che devono seguire la linea politica e le direttive del Movimento, pena il richiamo, la sospensione e l’espulsione. Si può discutere molto su queste regole dei Cinque Stelle, ma quando De Falco è entrato a far parte del movimento fondato da Beppe Grillo le conosceva benissimo e non può ora darsela da martire. Adesso la questione è questa: se Gregorio De Falco, come crediamo, sarà espulso dal Movimento politico che lo ha portato in Parlamento, si dimetterà dal Parlamento, come coerenza vorrebbe, lasciando il posto a chi ha diritto a subentrare? Non crediamo proprio. De Falco è “un uomo di terra”.

Il Fatto Quotidiano, 16 novembre 2018

COMUNE San Giovanni in Fiore

L'immagine può contenere: cielo e spazio all'apertoRiguardo ai FINANZIAMENTI DI PROGETTI PER L’ANTINCENDIO E CALAMITÀ – PSR CALABRIA 2014-2020, crediamo che il Sindaco non sia un bugiardo.

Di sicuro, in buonafede, ha preso un granchio. Certe cose andrebbero verificate in modo più dettagliato. Probabilmente ciò è successo anche a causa di una mancanza di personale preparato e adeguato.

Tuttavia, che tanti consiglieri comunali, ma anche tanti assessori e qualche sindaco, di maggioranza e di opposizione, del presente e del passato, abbiano riscaldato semplicemente la sedia, è un dato di fatto.

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Anche Di Battista e Grillo hanno libertà di parola.

L'immagine può contenere: 1 persona, barbaDi Massimo Fini

Il presidente Mattarella parlando al Quirinale ad alcuni studenti ha sottolineato “il grande valore della libertà di stampa”. Giusto. E quindi male ha fatto Virginia Raggi a chiedere le scuse dei giornalisti che hanno seguito il suo caso. I giornalisti fanno il loro mestiere, sul quale si possono avere le più diverse opinioni, e il giudizio se abbiano operato bene o male spetta solo al lettore, come diceva Indro Montanelli, almeno che nel loro scrivere si siano resi responsabili di diffamazione. Ma la libertà di stampa è solo un aspetto della più generale libertà di espressione come recita espressamente l’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. La libertà di espressione del proprio pensiero non è quindi uno specifico privilegio dei giornalisti, ma appartiene a tutti i cittadini, compresi Beppe Grillo e Alessandro Di Battista a cui, con tutta evidenza, si riferiva il monito di Mattarella.

A me pare che noi italiani si viva in una grande confusione per cui nessuno più conosce quali sono i diritti e i doveri del suo ruolo pubblico e anche privato e i diritti e i doveri altrui, pubblici e anche privati. Tutto ciò deriva da un drastico abbassamento del livello culturale del nostro Paese, non solo nel settore del diritto ma in ogni ambito, la cui lunga genesi imporrebbe un saggio con cui non vogliamo ammorbare il lettore. Ma è a tutti evidente, almeno a quelli che hanno l’età per farlo, e per restare solo in politica, che lo spessore culturale di Einaudi, di Andreotti, di Fanfani, di Togliatti, di Almirante, cioè dei protagonisti politici del dopoguerra, non ha nulla a che vedere con quello dei Mattarella, dei Salvini, dei Di Maio, dei Renzi e compagnia cantante. Così come, in campo giornalistico, Montanelli e Bocca non hanno nulla a che vedere con i Feltri, i Sallusti, i Calabresi e naturalmente i Fini.

Le rimonte culturali sono le più difficili e le più lunghe. Solo uno choc, come per i nostri predecessori fu la Seconda guerra mondiale, potrebbe accorciare i tempi. Nel nostro caso, poiché di guerre, almeno nel senso tradizionale, non se ne fanno più, lo choc potrebbe venire da un collasso repentino di un modello di sviluppo, economico, tecnologico, ambientale, sociale, che ci sta togliendo l’aria e ci costringe, in qualsiasi campo noi si operi, a boccheggiare. Aspettiamo quindi, perché un sistema che si basa sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica ma non in natura, è certo che, prima o poi, andrà in frantumi. Ma questo riguarderà i nipoti dei nipoti dei nostri nipoti. Noi, come in un girone dantesco, restiamo nella merda che ci siamo ampiamente meritati.

Il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2018