SGF – CONSIGLIERI comunali: UMILIATI E OFFESI, ma potrebbe arrivare l’ora del riscatto!

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Di San Giovanni in Fiore in Movimento

Il Sindaco di San Giovanni in Fiore potrebbe essere eletto anche Presidente della Provincia di Cosenza il prossimo 20 marzo.

La candidatura del primo cittadino di San Giovanni in Fiore a Presidente della provincia è stata decisa da tutte le forze politiche del centrodestra.

LA SUA ELEZIONE POTREBBE ESSERE A PORTATA DI MANO.

Questo perché, sebbene, su 155 comuni della Provincia di Cosenza, la maggior parte di essi, pare, abbia un’amministrazione di centrosinistra, l’autolesionismo, il sadismo e il masochismo politico, lo si chiami come si vuole, di questa sinistra, non potranno che favorire il Sindaco di San Giovanni in Fiore.

Ma vi sono, in tutta la provincia, anche tanti consiglieri comunali liberi di liste civiche che potrebbero fare la differenza nell’eleggere il neo Presidente della provincia cosentina. Vedremo!

Detto questo, il Sindaco del nostro paese potrebbe svolgere, contemporaneamente, anche il ruolo di Presidente della Provincia di Cosenza. Sì, perché non vi è alcuna incompatibilità tra la carica di Sindaco e quella di Presidente della provincia.

Come farà, eventualmente, ad amministrare comune e provincia, contemporaneamente, si vedrà! Non sarà certo un compito facile.

Una cosa è certa, la nostra comunità, altrettanto UMILIATA E OFFESA, oltre ad avere la necessità di una buona amministrazione, avrebbe necessità di attenzione ed impegno costanti per far fronte a tutte le problematiche e serie criticità che quotidianamente la affliggono.

Non solo, tutto ciò, in un’eventuale elezione del Sindaco di San Giovanni in Fiore a Presidente della provincia, farebbe aumentare le responsabilità alla maggioranza dei Consiglieri comunali sangiovannesi che lo sostengono, in quanto sarà nelle loro mani anche il potere di far perdere la sua carica di Presidente della Provincia. Anzi, se si dovesse rendere necessario, SI POTREBBERO PRENDERE DUE PICCIONI CON UNA FAVA. Questo perché nel momento in cui i Consiglieri dovessero sfiduciare il Sindaco, automaticamente esso decadrebbe anche dalla carica di Presidente della Provincia.

Infatti, per il Presidente della provincia, in base alla normativa vigente, non è più previsto il legame di fiducia col Consiglio provinciale, MENTRE È PREVISTA LA DECADENZA NEL CASO DELLA PERDITA DELLA PROPRIA CARICA DI SINDACO: questo combinato dell’attuale ordinamento giuridico rende dunque il Presidente della provincia, nei fatti, RESPONSABILE DI FRONTE AL PROPRIO CONSIGLIO COMUNALE.

Insomma, i Consiglieri comunali sangiovannesi potrebbero diventare una sorta di “spada di Damocle” ancora più pericolosa e incombente sulla testa del Sindaco, ma potrebbe essere usata, SE SI È intelligenti, anche a fin di bene per il Comune ed il riguardo del paese di San Giovanni in Fiore.

E allora, cari Consiglieri comunali sangiovannesi di maggioranza, MA ANCHE DI OPPOSIZIONE, sappiate, nel caso, controllare l’operato amministrativo e del Sindaco e del neo Presidente della provincia, e se necessario farvi valere, senza ulteriori umiliazioni ed offese, oltre che per il vostro rispetto, anche per il rispetto che dovete verso questa nostra comunità che rappresentate.

Potrebbe essere l’ora del vostro riscatto, del riscatto per l’istituzione principe, per l’assemblea più importante, più pubblica, più rappresentativa e più democratica del paese, ossia il CONSIGLIO COMUNALE, ponendo fine a una sorta di decadenza che lo sta minando, ormai da tempo, nella sua vitalità ed efficienza, mortificandolo, umiliandolo e bistrattandolo.

Perché, altrimenti, se determinate logiche e forma mentis politiche, di potere ed elettoralistiche hanno un senso, da un “INCARICHIFICIO COMUNALE” per non autoctoni, ma per allogeni, PER AMOR DI DIO TUTTO LEGALE, ad un “INCARICHIFICIO PROVINCIALE”, ancora più ricco, il passo è breve!

E tutto ciò si verificherà, OVVIO, non certo a favore dei professionisti e dell’imprenditoria locali, ma a favore di soggetti che nulla hanno a che vedere con la crescita, lo sviluppo, l’economia ed il bene comune della nostra comunità sangiovannese.

Infine, a parte le lusinghe e le complicità nei confronti del primo cittadino, nonché la colpevolezza e le distrazioni verso la comunità sangiovannese tutta, i membri Assessori della Giunta, ormai, a nostro avviso, deboli e fiacchi, nonché sdraiati sempre sul primo cittadino, potranno, anche loro giocare, SE SI SVEGLIERANNO, una sorta di ruolo più favorevole al nostro paese.

Però, cari Consiglieri e Assessori, UMILIATI E OFFESI, del Comune di San Giovanni in Fiore, abbiamo i nostri dubbi, perché lo sappiamo sin da ora: VI MANCHERANNO IL CORAGGIO, LA COERENZA E LA SENSIBILITÀ POLITICA!

E tutto ciò non potrà che umiliare ed offendere, ULTERIORMENTE, la comunità sangiovannese tutta.

San Giovanni in Fiore in Movimento

FERMATE QUESTO PAZZO!

Lo Zar Putin non si fermerà. L'Occidente non può cedere al ricatto di un dittatore

Putin ordina l’allerta del sistema di deterrenza nucleare.

A parte gli errori dell’Occidente: USA, Europa, NATO ecc., non solo per l’attuale aggressione da parte di Putin nei confronti dell’Ucraina, ma anche per tutti gli altri, passati e attuali, conflitti bellici intorno al pianeta, questo pezzo, condivisibile o meno, di Giordano Bruno Guerri, fa riflettere.
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SGF – L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE e il tentativo di ASSALTO al Centro Internazionale di Studi Gioachimiti di San Giovanni in Fiore.

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Di San Giovanni in Fiore in Movimento

Sebbene l’Amministrazione Comunale faccia parte dell’Assemblea dei soci del CISG con il suo Sindaco, i tentativi di assalto per espugnarlo ed impadronirsene sono evidenti già da tempo.

La nuova Amministrazione con i suoi contubernali, sembra che anziché impegnarsi, amministrare e pensare a risolvere le varie criticità della comunità, che, perdipiù sono tante, non fa altro che seguire a ruota, assiduamente, con il fiato sul collo, attraverso anche i suoi media reggicoda, tutto quello che il CISG fa e svolge quotidianamente per le attività che gli competono.

In base agli ultimi atteggiamenti, l’Amministrazione Comunale sembra, non un socio dell’Assemblea, ma un organismo di controllo del CISG, con l’intento, probabilmente, di amministrarlo, indirizzarlo, strumentalizzarlo e quindi farne uno strumento politico di visibilità, di propaganda, di macchina elettoralistica e di potere.

Non a caso, al neo assessore alla cosiddetta cultura, non è stata concessa la delega su cultura, beni e attività culturali e associazionismo culturale.

L’Amministrazione Comunale sangiovannese, proprio perché con il suo patrocinio ha contribuito formalmente all’istituzione del CISG, dovrebbe dialogare e concertare, in modo più leale e collaborativo senza intaccare l’autonomia d’azione del Centro Studi, proprio per dare ad esso, un maggiore supporto sotto l’aspetto della crescita culturale, sociale ed economica della comunità tutta.

Il CISG è un fiore all’occhiello, ormai da più di quaranta anni, per la Cultura di San Giovanni in Fiore e per la diffusione delle opere, la ricerca e lo studio del nostro Abate Gioacchino e come tale va RISPETTATO, AIUTATO e SPRONATO in tutte le sue attività culturali, di crescita e sviluppo e NON intralciato!

Il CISG non potrà mai essere uno strumento di contesa politica, elettoralistica e di potere!

Fortunatamente, il PRESIDENTE, la GIUNTA ESECUTIVA e il COMITATO SCIENTIFICO del CISG, si pongono stabilmente, con autonomia, abnegazione ed impegno seri, al servizio della Cultura, della conoscenza e quindi delle istanze culturali della stessa comunità sangiovannese, respingendo ingerenze e strumentalizzazioni di sorta e rivelandosi come veri paladini del bene comune.

Il CISG NON potrà MAI essere considerato come qualcosa di torbido e oscuro: al contrario, è un’istituzione encomiabile, degna di grande apprezzamento perché ESCLUSIVAMENTE dedita al perseguimento di scopi altamente meritori, certamente non per mera visibilità.

Uno di questi scopi, per chi non ne fosse ancora al corrente, è la ricerca, la valorizzazione e la promozione per la conoscenza e la diffusione del pensiero del “calavrese abate Giovacchino / di spirito profetico dotato”, con la programmazione e lo svolgimento di attività congressuali, convegnistiche, presentazioni di libri, lezioni, seminari, conferenze ecc., sulla figura e sul messaggio di Gioacchino da Fiore tenendo conto di tutti i gradi di competenze, cominciando dai bambini della scuola primaria arrivando ai ragazzi della scuola secondaria di secondo grado e oltre!

ERGO, NO ALLE MANI DELLA POLITICA SUL CENTRO STUDI!!!

San Giovanni in Fiore in Movimento

SGF – AMMINISTRAZIONE COMUNALE: l’assoluzione di là non è sinonimo di buona amministrazione di qua.

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Di San Giovanni in Fiore in Movimento

L’assoluzione per fatti e atti che hanno riguardato un amministratore in un comune, non sempre è sinonimo di buona politica amministrativa dello stesso in altro comune e in altri tempi.

L’assoluzione del primo cittadino sangiovannese da parte della terza sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti per gli addebiti contestati quando era assessore del Comune di Cosenza, non ha nulla a che vedere con l’attività amministrativa come primo cittadino del Comune di San Giovanni in Fiore. Tale assoluzione non è sinonimo di buona politica amministrativa per la comunità di San Giovanni in Fiore.

L’operato politico-amministrativo come Sindaco del paese di San Giovanni in Fiore è tutt’altra questione.

Non possiamo non prendere atto, in rispetto alla Magistratura contabile, della correttezza dell’operato e del rispetto della legge e dei princìpi di buona amministrazione dell’attuale primo cittadino sangiovannese, come l’appello alla terza sezione della Corte dei Conti ha sentenziato, di QUANDO ERA ASSESSORE PRESSO IL COMUNE DI COSENZA!

E sinceramente, oltre ad esserne felici, non possiamo che complimentarcene e rallegrarcene.

Però, nell’amministrare la nostra comunità sangiovannese, non possiamo non rilevare che da oltre un anno dal suo insediamento, le cose qui a San Giovanni in Fiore, sebbene i diversi tentativi di far passare il suo operato politico-amministrativo come “buona amministrazione”, non vanno per niente bene. Anzi, sotto diversi aspetti sono peggiorate.

Non possiamo non notare, nella gestione della “res publica” (gestione anche dello scarso denaro pubblico sangiovannese) una, quasi, non economicità nella spesa, nonché un’inefficacia e inefficienza nei tanti servizi che riguardano questa nostra comunità.

Non possiamo non rilevare, per esempio, lo spreco di energia pubblica, con relativo aumento della bolletta municipale, per quanto riguarda un uso sconsiderato, a nostro avviso, di luminarie varie.

Non possiamo non rilevare:

una viabilità cittadina e periferica fortemente dissestate;

una sanità e un servizio emergenza –urgenza quasi inesistenti;

l’abbandono e l’incuria di tanti immobili di proprietà comunale;

l’aumento di cani randagi;

la sporcizia su tante strade secondarie e vicoli cittadini;

la quasi inesistenza del Consiglio Comunale, e dei suoi membri, convocato ogni morte di Papa;

la poca informazione e la poca comunicazione dell’andamento dell’attività amministrativa verso la cittadinanza.

E ci fermiamo qui.

San Giovanni in Fiore in Movimento

MANI PULITE HA FALLITO? NO, L’HAN TRADITA I PARTITI.

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Di Massimo Fini

“Un giorno in pretura“, un programma che andava su Rai 3 era nato nel 1988. Dava in diretta i processi di competenza pretorile, per reati cioè la cui pena massima non superi i quattro anni. Insomma reati quasi bagattellari.

Fine febbraio 1992. Io lavoravo all’Indipendente di Feltri, ma in quei giorni ero in vacanza nella casa di proprietà dei genitori della mia fidanzata. Una sera il padre di lei, che come tutti gli anziani passava ore davanti al piccolo schermo, mi venne a cercare e mi disse: “Vieni a vedere la tv, c’è una trasmissione interessante, curiosa”. Andai e vidi qualcosa che allora aveva dell’incredibile. Un noto politico democristiano alla sbarra, messo sotto il torchio da un tipo massiccio, atticciato, dall’aria contadina, il Pubblico ministero. Era Antonio Di Pietro. Fu una trovata geniale quella di Francesco Saverio Borrelli, che dirigeva la Procura di Milano e il gruppo di magistrati che sarebbe stato poi chiamato “il Pool di Mani Pulite”, che allora comprendeva solo Gerardo D’Ambrosio, Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro (Ilda Boccassini, Davigo, Greco si aggiunsero dopo) di affidare gli interrogatori in aula, tutti quelli che potemmo vedere in tv, proprio a Di Pietro. Agli indagati che cercavano di difendersi col solito, fumoso, politichese Di Pietro opponeva il suo buonsenso contadino e a quel politichese totalmente fuori dalla materia del contendere replicava col suo famoso: “che c’azzecca”? Vedemmo sfilare una serie di intoccabili con tutta la loro miseria. A me colpì molto l’interrogatorio di Claudio Martelli uscito dalla casa di Carlo Sama con 500 milioni in contanti nascosti in un giornale. Claudio era stato mio compagno di banco al liceo classico Carducci. Ma come, dicevo fra me, noi siamo stati educati nei migliori licei di Milano per diventare classe dirigente e tu sgattaioli con 500 milioni in tasca come un malandrino qualunque. Ricordo lo sguardo di Martelli rivolto a Di Pietro. Era di ghiaccio. Se avesse potuto ucciderlo, almeno col pensiero, l’avrebbe fatto. Martelli aggravò la sua posizione affermando che pensava che quei 500 milioni non fossero della Montedison ma personali di Sama. Martelli ne uscirà con un “patteggiamento” restituendo quei 500 milioni.

Mani Pulite ebbe all’inizio un grande consenso da parte della popolazione, stufa dell’arroganza impunita della classe dirigente, e anche della grande stampa che aveva la coda di paglia per aver taciuto e assecondato il regime. Ma ebbe anche un eco internazionale . Si plaudiva all’Italia che aveva il coraggio di ripulire in pubblico i propri panni sporchi.

Certamente ci furono degli eccessi in quei due anni. Ma non da parte della Magistratura. Ma da parte di una popolazione inferocita presa dalla sindrome ben descritta da Buzzati in: “Non aspettavano altro” (le monetine lanciate a Craxi davanti al Raphael, l’inseguimento del ministro degli Esteri Gianni De Michelis fra le calli di Venezia). Per accanimento forcaiolo si distinse proprio Feltri (diventerà “ipergarantista” quando passerà alla corte di Berlusconi): la foto di Enzo Carra in manette sbattuta in prima pagina, l’appellativo di “cinghialone” affibbiato a Bettino Craxi trasformando così una legittima inchiesta della magistratura in una “caccia sadica”, il coinvolgimento dei figli di Craxi. Toccò a me, sempre sull’Indipendente difenderli (Caro direttore, ti sbagli su Stefania Craxi – L’Indipendente, 11-5-1992 ) e in qualche modo lo stesso Craxi nel momento della sua caduta quando improvvisati fiocinatori, fra cui eccellevano alcuni suoi amici, si accanivano sulla balena ferita a sangue (Vi racconto il lato buono di Bettino – L’Indipendente, 17-12-1992).

Uno dei tanti errori di Craxi fu di definire Mario Chiesa, il presidente del Pio Albergo Trivulzio, colto in flagrante il 17 febbraio 1992 mentre buttava una mazzetta nel cesso, un “mariuolo” come se si trattasse di una mela bacata in un cesto di mele immacolate. Se avesse fatto in quel momento la chiamata di correità di tutti i partiti avrebbe avuto un valore, farla in Parlamento cinque mesi dopo nel luglio del 1992, quando era stato pescato lui stesso con le mani sul tagliere, era troppo comodo.

Passata la prima buriana la classe politica cercò di reagire, col famoso decreto “salvaladri” del ministro della Giustizia Biondi (primo governo Berlusconi) che metteva in libertà numerosi detenuti di Tangentopoli. Ma era troppo presto. Il decreto fu ritirato per la reazione popolare e perché quattro magistrati Di Pietro, Davigo, Colombo, Greco si presentarono in tv affermando che se le cose stavano così avrebbero chiesto di essere assegnati ad altro incarico.

Il più astuto a cercare di approfittare della situazione fu Berlusconi. Prima cercò di lisciare il pelo ai magistrati offrendo a Di Pietro, che la rifiutò, la carica di ministro degli Interni nel suo governo (Di Pietro diverrà poi nel linguaggio berlusconiano “un uomo che mi fa orrore”) poi, inquisito a sua volta, innescherà la reazione attaccando senza soste i magistrati di Mani Pulite e la Magistratura in generale e suonando la grancassa dell’anticomunismo perché a essere spazzati via dalle inchieste furono la Dc, il Psi, il Pli, il Pri, mentre il Pci si era in qualche modo salvato, perché il compagno Primo Greganti arrestato si rifiutò, in perfetto e coerente stile vecchio Pci, di fare qualsiasi nome, di imprenditori e tantomeno di uomini del suo partito. Durante gli anni della reazione berlusconiana il fuoco di fila si concentrò soprattutto su Antonio Di Pietro messo sette volte sotto processo e sette volte assolto.

Perché fu possibile Mani Pulite? I suoi presupposti vengono da lontano. Col collasso dell’URSS era venuta meno la paura dell’”orso russo” e quindi anche il detto di Montanelli secondo il quale era necessario votare la Dc (“turatevi il naso”). Nel frattempo era nata la Lega di Umberto Bossi, il primo, vero, partito d’opposizione dopo anni di consociativismo perché il Pci era stato appunto associato al potere. Se quindi prima era possibile innocuizzare i magistrati che cercavano di ficcare il naso nella corruzione politico-imprenditoriale senza che nessuno osasse alzare una voce, adesso questa voce c’era e si chiamava Lega. E al Nord, che era particolarmente colpito dalla corruzione, la Lega prendeva il 40 per cento dei consensi, non solo provenienti dalla Dc, e non si poteva ignorarla. Prima della nascita della Lega il sistema per paralizzare le inchieste era quello di farle finire alla Procura di Roma, non a caso chiamata “il porto delle nebbie”, che regolarmente le insabbiava.

Oggi, a trent’anni di distanza, si cerca di capovolgere completamente la storia di Mani Pulite. S’inventano tesi molto fantasiose come quella che vede dietro Mani Pulite gli americani. Non si vede proprio perché mai gli americani volessero la distruzione di partiti atlantisti a favore dell’unico partito che atlantista non era, il Pci- Pds. E ci fermiamo qui perché le fake in materia sono innumerevoli.

È vero invece che Mani Pulite non ha cambiato l’Italia in meglio, ma in peggio. Ma questa non è responsabilità dei magistrati di Mani Pulite, ma della politica. Mani Pulite, che richiamava anche la classe dirigente al rispetto di quella legge che noi tutti siamo tenuti ad osservare, avrebbe potuto essere una lezione e un’occasione per questa stessa classe dirigente per emendarsi dalla propria corruzione. E invece nel giro di pochi anni, per la politica ma anche per i grandi giornali, i veri colpevoli divennero i magistrati e i ladri le vittime e spesso giudici dei loro giudici.

Non c’è quindi da stupirsi se, con simili esempi, la corruzione discendendo giù per li rami abbia finito per coinvolgere quasi tutti, anche cittadini che per loro natura sarebbero onesti ma che non vogliono passare per “i più cretini del bigoncio”, e insinuarsi in ogni ambito della nostra vita istituzionale e sociale, compresa la stessa Magistratura. E così il cerchio si chiude.

Il Fatto Quotidiano, 20 febbraio 2022