Un sistema fasullo.

Cattura.JPGLa percentuale di votanti ai ballottaggi per l’elezione dei sindaci è stato di circa il 40% degli aventi diritto. I vincitori hanno bisogno del 50% + 1 della fiducia dei votanti. Il 50% del 40% equivale al 20% degli aventi diritto al voto.

Tanto basta per governare!

Ma come è possibile che nessuno veda l’altro 80% che non ha votato il sindaco?

Il canto del cigno nel vuoto delle urne.

astensionismo.jpgQualcuno si è ringalluzzito. È vero, in queste amministrative va riconosciuto che qualcuno ha fatto l’en plein. Ma dimentica che quasi il 75% non è andato a votare. È una vittoria di Pirro. Chi rappresenta quel quasi 75% dei cittadini? Con le urne vuote non si può affermare che si è vinto. Anzi è la conferma che, per questi vecchi partiti, questa grande astensione è l’ultimo segno della loro vitalità.

Anche essere disoccupati e poveri è incostituzionale!

bisognao soldi.jpegNon si possono tassare manager e dipendenti pubblici ricchissimi.

Tassare i ricchi è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 116 del 2013, che di fatto ha bocciato il prelievo introdotto dal decreto legge n. 98 del 2011, il cosiddetto “contributo di solidarietà” sulle pensioni d’oro.

 

Il contributo di solidarietà era stato introdotto con la prima manovra correttiva di luglio 2011 dell’ex Governo Berlusconi, e riguardava le pensioni di manager e dipendenti pubblici con importo compreso tra i 90mila e i 200mila euro annui. Il contributo di solidarietà poteva essere:

  • del 5% sui trattamenti previdenziali compreso tra i 90.000 euro e fino a 150.000 euro annui,
  • del 10% sui trattamenti previdenziali superiori a 150 mila.

Secondo i giudici però, non è possibile applicare un “prelievo” sulle pensioni d’oro perché in contrasto con il principio di uguaglianza, considerato che si andrebbe a colpire soltanto una categoria. Nella sentenza in particolare si legge: “è illegittimo, secondo la Consulta, qualsiasi prelievo fiscale sugli assegni previdenziali, nemmeno se questi superano i 90mila euro lordi, come previsto dal decreto legge 98 del 2011, perché costituisce un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini”.

 

Una vera e propria grana da risolvere per il nuovo governo, dato che già il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, aveva annunciato nei giorni scorsi che i futuri provvedimenti sull’occupazione sarebbero stati finanziati anche tassando le pensioni d’oro.

 

Adesso invece, a sorpresa, si apre una fase di rimborsi del contributo già applicato sulle pensioni, sotto forma di ritenuta nell’assegno previdenziali, in vigore dal 2011. L’Erario dovrà trovare le risorse da rimborsare ai pensionati che hanno subito, illegittimamente secondo la Consulta, il prelievo introdotto dalla manovra estiva correttiva di luglio 2011.

 

La sentenza indubbiamente farà discutere, sia perché arriva in un periodo di grave crisi economica in cui le pensioni minime sono già ridotte all’osso, sia perché a sollevare il ricorso della Corte è stato proprio un magistrato titolare di pensione d’oro.

 

Di Flavio Calcagno

Su PMI-dome

 

il peggior analfabeta.

L'analfabeta-politico.jpg“Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico.

Egli non sente, non parla, né s’interessa degli avvenimenti politici.

Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fa.gioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine, dipendono dalle decisioni politiche.

L’analfabeta politico è talmente somaro che si inorgoglisce e si gonfia il petto nel dire che odia la politica.

Non sa, l’imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi che è il politico disonesto, il mafioso, il corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.”

(Bertolt Brecht)

San Giovanni in Fiore – La passerella dei politici e le condizioni del paese.

35377_136434019721169_1336841_n.jpgPremetto che con questa mia analisi non voglio polemizzare gratuitamente con nessuno,  né voglio pormi contro qualcuno in particolare, spero, anzi, che questa mia analisi, condivisibile o meno, possa essere da stimolo per poter fare meglio, sotto tanti aspetti, nei confronti della nostra comunità. Sono anche consapevole del rischio, come mi è già capitato altre volte, che possa farmi dei nemici, si perché, come diceva Martin Luther King, per farsi dei nemici non è necessario dichiarar guerra, ma basta dire quel che si pensa. Tuttavia questi tipi di rischi non mi preoccupano.

Detto questo i furboni, ovvero le forze politiche calabresi e anche sindacali, hanno improvvisamente riscoperto che San Giovanni in Fiore è un paese con tanti problemi, soprattutto quello del lavoro, e che il gap con l’Italia e la Calabria, regione sempre più disastrata, è sempre maggiore. Sono molto sorpreso di questo improvviso interesse da parte di questi politici per il nostro paese. Tutti noi sappiamo perfettamente quanto a cuore stia la nostra comunità a questi politici, quanto siano stati attenti ai nostri problemi in tutti questi anni, quante iniziative abbiano assunto per salvaguardare il territorio e l’economia della nostra comunità.

Ci vuole davvero una enorme faccia di bronzo per organizzare un’inutile passerella di certi politici, complice anche il sindacato, con un consiglio comunale aperto presso il Polifunzionale, inventandosi un dibattito pubblico sul reddito di cittadinanza, dopo aver ridotto la nostra città in uno stato comatoso che è sotto gli occhi di tutti.

Proprio questa gente della vecchia politica, che non rappresenta più i sangiovannesi, gente eletta dalle segreterie dei partiti, e che ha fatto sì che in tutti questi anni San Giovanni in Fiore fosse dimenticata, abbandonata e lasciata sola, ora finge di discutere su come salvarla o aiutarla.

Ma dove erano questi politici  e sindacalisti vari quando molti sangiovannesi lottavano per avere riconosciuta la loro dignità di lavoratori calpestata da tanti anni mortificando intere famiglie e facendo andare via tantissimi giovani?

Dov’erano quando la sanità pubblica sangiovannese veniva saccheggiata e derubata ai tanti cittadini sangiovannesi?

Dov’erano quando venivano distrutti l’agricoltura, l’artigianato, il commercio insieme a quelle poche imprese presenti nel nostro paese e che hanno dovuto chiudere, aumentando, così, nell’indifferenza generale, il numero dei disoccupati e degli inoccupati?

Dov’erano quando il nostro territorio e il nostro ambiente venivano  violentati e stuprati?

La passerella falsa e strumentale di questi vecchi politici e sindacalisti,  come quella avvenuta il 24 maggio scorso, non serve a niente, così come le loro dichiarazioni con le quali facevano a gara per avere una qualche visibilità, non servono a nulla. La realtà, quella vera, è che del futuro di San Giovanni in Fiore poco interessa a questa classe dirigente nonché alla politica calabresi e nazionali, né qualcuno si fa carico dei suoi annosi problemi.

Il nostro paese non ha bisogno di passerelle di questi politici, né di convegni,  né di promesse con lo scopo di allargare il proprio terreno di futuri consensi elettorali.  È, invece, tempo di azioni politiche concrete e realistiche se vogliamo tirar fuori da una situazione, a dir poco drammatica, il nostro paese.

Non si può dar retta alle chiacchiere di questi politici che, se oggi sono in maggioranza, ieri erano comunque in opposizione e viceversa. Essi non possono essere più credibili!

Come poco risoluti e poco intraprendenti sono i nostri amministratori locali sangiovannesi, i nostri vecchi partiti locali sangiovannesi.

Qui nel nostro Comune abbiamo un’opposizione assente, tanto incapace quanto demagogica. D’altro canto la maggioranza, sono ormai complessivamente quasi tre anni che amministra questa nostra comunità, non ha prodotto, nei fatti, alcun cambiamento né miglioramento in questo nostro paese. Anzi, come ho già detto, la gente tende a scappar via.

Un’amministrazione non può concentrarsi solo sui numeri e sul bilancio estraniandosi spesso, senza rendersene conto, da altre realtà e problematiche che affliggono la nostra città. Lo so è difficile amministrare. Abbiamo un enorme debito comunale, ma esiste anche l’Europa, la quale viene poco sfruttata per mancanza di validi e seri progetti. (L’Europa rappresenta il maggior donatore al mondo di finanziamento di progetti di cooperazione. Con i fondi strutturali si promuove lo sviluppo per la coesione economica e sociale. Il periodo di programmazione è di solito di 7 anni; l’attuale periodo concluso quest’anno è riferito al 2007-2013, il prossimo sarà riferito alla programmazione europea 2014-2020. Vi saranno molti progetti per le cosiddette smart cities, e la Calabria è inserita in tutto questo).L’alibi del passato e delle passate amministrazioni ormai non regge più. E poi una nuova amministrazione deve amministrare e guardare avanti.

A parte la volontà e l’impegno concreto di qualche assessore si è fatto poco o niente in questa nostra comunità.    

L’ambiente è a pezzi e della raccolta differenziata nemmeno l’ombra. Se un comune come quello di Saracena è il più virtuoso della Calabria come raccolta differenziata, qui a San Giovanni in Fiore nemmeno un piccolo depliant per iniziare a sensibilizzare la popolazione su un fatto di civiltà e di ritorno economico per tutti. Come anche il patrimonio dei terreni e degli immobili comunali non viene adeguatamente sfruttato sia sotto l’aspetto agricolo che turistico.

Il centro storico poi, nonché tante strade e gradinate del centro cittadino, sono nel più cupo e triste degrado. Lo stato del nostro monumento più importante è quello che è. I lavori del Palazzo Comunale, che già doveva essere consegnato ai cittadini circa otto mesi fa, non si sa quando finiranno, e del Palasport ancora il popolo sangiovannese non ne può usufruire. Il paese in questi ultimi anni, pare, si stia imbruttendo. Spero comunque che i fondi che arriveranno per la viabilità, se arriveranno, saranno spesi nel migliore dei modi e per quei punti del paese e del centro storico che necessitano più di altri una manutenzione speciale ed urgente.

E la cultura qui a san Giovanni in Fiore?

Con un’informazione locale poco aggressiva e poco decisa, ma paurosa e inefficace, anche se va detto che qualche tentativo di un’informazione più veritiera e coraggiosa, pare, stia venendo fuori, la cultura non può essere solo ed esclusivamente presentazione di libri, per carità cosa lodevole, convegni e seminari per cercare solo visibilità. E poi a chi non piacciono i libri? Se potessi, leggerei tutto il giorno, e forse anche la notte. La cultura non può essere come un corpo morto che nulla produce sotto l’aspetto della crescita e dello sviluppo in generale. Pensavo che la cultura fosse anche arte, istituzioni, musica, dialogo, partecipazione, crescita, aggregazione, comunicazione, teatro. Pensavo che la cultura fosse idee e progetti innovativi. Immaginavo un paese, il nostro, capace di promuovere e incentivare le tante eccellenze culturali del nostro territorio, e anche capace di farle fiorire, crescere anche nei tessuti più fragili della nostra società.

Camilleri dice:

La cultura non è una cosa sacrale, una cosa da colti, per pochi, è di tutti! E poi che cosa è la cultura? Non è solo la letteratura, ma la cultura è lavoro dell’operaio, è come lavora un impiegato, è come la pensa il capo condominio. La cultura siamo noi! Perché noi siamo cultura, l’uomo è cultura.”

PGS

Sempre più inciuci prendendoci in giro.

Il  Premier Letta nomina  35 “esperti” che faranno parte della Commissione per le Riforme Costituzionali, ma dimentica, tutti ci ricordiamo, che ci hanno scassato il cervello con la Legge 21/2005, n. 270 (il PORCELLUM per intendersi) dicendoci che era da cambiare quanto prima. Giusto, e allora il bravo Roberto Giachetti del PD presenta il 13 maggio una proposta di legge per abolire il cosiddetto “Porcellum”. Ma come è andata a finire?

La discussione alla Camera dei Deputati avviene il 29 maggio.

Dopo l’intervento della Finocchiaro PD, di Violante PD e di Letta PD, tutti i cofirmatari del PD, del PDL, Scelta Civica e Gruppo misto ritirano le loro firme.

Perché? Perché per il PD e il PDL la riforma della legge elettorale non è una priorità e si sono messi d’accordo per modificarla fra 18 mesi (nel frattempo Berlusconi ha dichiarato che a lui il PORCELLUM va bene così!).

Ma come è andata poi la votazione alla Camera? Audite audite…

415 voti contrari (tutto il PD tranne Giachetti, tutto il PDL, tutta la Lega, tutta Scelta Civica);

139 voti favorevoli (tutto M5S, tutta SEL, 1 del PD (Giachetti)”.

Complimenti caro Governo dell’inciucio!!!

Redazionale

Governo Letta: l’imbroglio della nuova legge sul finanziamento ai partiti.

PGomez-thumb.jpgDi  Peter  Gomez

Puntuale come le tasse è arrivato il primo grande imbroglio del governo Letta. I finanziamenti pubblici ai partiti non saranno aboliti. A partire dal 2017, se mai il disegno di legge presentato dall’esecutivo sarà approvato, le forze politiche incasseranno il 2 per mille delle dichiarazioni dei redditi degli italiani. Ma attenzione: il contributo sarà solo apparentemente volontario. Con una trovata bizantina, presa pari pari dalle norme che regolano l’8 per mille alla chiesa, è infatti stato stabilito che chi non dichiarerà esplicitamente di voler destinare il suo 2 per mille all’erario finirà per foraggiare lo stesso le organizzazioni rappresentate in parlamento.

Sull’esatto ammontare della nuova rapina i pareri divergono. Secondo molti osservatori alla fine il giochetto potrebbe persino permettere ai partiti di incassare il doppio di oggi. Il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello assicura che ci sarà un tetto di 61 milioni di euro. La discussione è interessante, ma in ogni caso non coglie il punto.

Il referendum del ’93 ha già dimostrato che gli elettori non vogliono il finanziamento pubblico. E tutti sanno che se quel referendum fosse riproposto avrebbe un risultato ancora più ampio. Dibattere ancora se sia giusto o sbagliato mantenere la politica con soldi dei contribuenti (magari approfittando della loro distrazione al momento della compilazione dei 730) non ha quindi senso. L’abolizione va semplicemente approvata.

Da questo orecchio, però, sia Pd che Pdl non ci sentono. Solo che i primi, con poche eccezioni, lo dicono esplicitamente (e anche per questo hanno pareggiato le ultime elezioni politiche). Mentre i secondi, più avvezzi alle balle spaziali, in gennaio avevano addirittura fatto firmare a tutti i loro candidati un impegno solenne in cui i futuri parlamentari dichiaravano che avrebbero votato il “dimezzamento degli emolumenti” e “una legge che azzeri il finanziamento pubblico ai partiti” (e anche per questo avevano pareggiato le elezioni).

Il risultato è il disegno di legge definito #leggetruffa su twitter da Beppe Grillo. E basta poco per capire che questa volta il fondatore del Movimento 5 Stelle, dopo giorni di controproducenti e autolesionistiche sparate, ci ha preso.

L’articolato licenziato dal governo non è un provvedimento anti-Casta, ma pro-Casta. Guardate, per esempio, il capitolo delle nuove norme dedicato alla tanto strombazzata trasparenza. Non una riga è dedicata alla fondazioni, diventate come è noto, il canale attraverso cui gli esponenti politici ricevono milioni di euro da aziende e privati nell’opacità più assoluta.

Oggi salvo che le fondazioni non decidano il contrario (e questi casi si contano sulle dita di una mano) l’elenco dei finanziatori è segreto. Per legge. E lo resterà anche se il disegno del governo venisse approvato.

Ora, visto che il M5S è l’unica forza ad aver rinunciato da subito a 42 milioni di euro di rimborsi elettorali e ad aver portato a 5000 euro lordi lo stipendio dei suoi parlamentari (diaria e rimborsi esclusi), viene da chiedersi per quale motivo la maggioranza abbia deciso di fornire un assist così chiaro al movimento di Grillo.

Di risposte ve ne sono parecchie. E, oltre a quella scontata e dichiarata da più o meno tutti i tesorieri (“non possiamo fare a meno dei soldi”), ve ne è una che spiega bene quale sia il probabile futuro della legislatura. Pd e Pdl sono convinti di poter governare per 5 anni. E lo sono ancor di più dopo i risultati delle ultime amministrative (a loro delle astensioni non importa nulla).

Silvio Berlusconi si rende infatti conto che far saltare il governo potrebbe non servigli per risolvere i suoi processi e, dati alla mano, teme che una vittoria Pdl non sia poi così certa. Stessi timori (rispetto a nuove elezioni) li ha il Pd. Entrambe i partiti hanno infine paura di Matteo Renzi (considerato dalla nomenklatura democratica un corpo estraneo) e dei sondaggi che a livello nazionale danno ancora molto alti i 5 Stelle.

Questa somma di debolezze, finisce paradossalmente, per rendere più forte l’esecutivo. Il tirare a campare diventa per tutti una parola d’ordine. E per campare bene, si sa, servono i soldi. Tanti soldi. Ai voti e a nuove mirabolanti promesse elettorali, intanto, ci si penserà più avanti.