Calabria – Il consenso del “Do ut des”.

A parte il deleterio immobilismo politico ed amministrativo che sta colpendo la Calabria, regione martoriata e più povera d’Europa, da ormai moltissimi anni, a mio parere, la questione è tutt’altra.

Gli ultimi accadimenti  che stanno interessando la nostra regione (Rimborsopoli, Anticorruzione, Nomine fuori norma ecc.) sono sintomatici di una sorta di patologia politica e culturale che ormai colpisce chiunque vada a governare una regione, un comune o una provincia.

Nulla si dà per nulla. È questa la mentalità deleteria, soprattutto della vecchia politica, di questa classe dirigente, di questa partitocrazia e dei suoi uomini!

Senza togliere alcunché all’onestà, alla buona volontà, alle virtù, alla professionalità di tanti leader, uomini politici, manager e professionisti nostrani,  quando, inconsapevolmente o consapevolmente, si accettano determinati pacchetti di consensi del “Do ut des”, si entra in una spirale dalla quale , poi, diventa difficile uscire.

Altrimenti non si spiega come mai, essendo consapevoli, nonché allertati, si compiono, comunque e ugualmente, determinati atti amministrativi che non rispettano la legge,  con tutte le conseguenze , negative , che poi ne potrebbero derivare.  A questo punto due sono i motivi: o si è arroganti, credendo di potere andare oltre la legge vigente, o si è costretti.  Personalmente, considerando la cultura politica del “Do ut des”,  propendo per il secondo  motivo.

Qualcuno potrà dire che spesso e volentieri è un problema di interpretazione delle leggi. Va bene, ma perché, essendo consapevoli che vi è un problema di interpretazione della norma, devo per forza andare ad immettermi in un vicolo cieco quando vi sono altre strade più aperte, pulite, libere e diverse?  Ma non è questo il punto! Il fatto è che molte volte si è costretti a fare delle scelte a causa di determinati poteri occulti. Poteri occulti che sempre consapevolmente o inconsapevolmente, a mio avviso, si è andati a cercare.

Quando poi si abbattono addosso una serie di problemi e di grane abbastanza pesanti e di difficile risoluzione, comunque e sempre a discapito dei cittadini, si può anche rimanere al proprio posto  con ricorsi, controricorsi ed interpretazioni di leggi varie, dichiarando, soprattutto,  che si è onesti e che nulla mai ha scalfito la propria persona e non solo. Ma la domanda è un’altra: continuando a governare e ad amministrare, lo si potrà fare, realmente, con le mani libere nell’interesse del popolo, in questo caso del popolo calabrese, con le dovute riforme, o solo nell’interesse di pochi calabresi?

 Adesso tanti altri elementi dei soliti partiti, organici alla vecchia classe dirigente e alla stessa partitocrazia, come se loro provenissero dalla luna, gridano allo scandalo e chiedono con forza elezioni anticipate, come se con loro, ritornando alla guida della Calabria cambierebbe qualcosa. Sarebbe solo un ulteriore valzer osceno, con le vecchie logiche imparate e assimilate in tanti anni di politica e di partitocrazia!

È in questa vecchia politica, in questi vecchi partiti che il “metodo” è sempre lo stesso! La realtà dei fatti, almeno che non si è miopi, dimostra come le vecchie facce della politica e della classe dirigente calabresi abbiano fallito. “Mala tempora currunt”, e, fuori dalla finestra dei calabresi e non solo, oggi, dopo tantissimi anni, si vedono solo tasse, giovani disoccupati che scappano, ruberie, inciuci, parentopoli, scambio di poltrone e favori vari agli amici degli amici. A guardare bene, il panorama non è cambiato. Il nuovo della politica di questi partiti è peggio del vecchio!

Siamo ancora nella Calabria del “Gattopardo”, e come la giri e la volti quando tutto cambia alla fine resta tutto com’è!

Con voti liberi e amministratori liberi, forse, si potrà cambiare qualcosa! Almeno proviamoci!!!

Pietro Giovanni Spadafora

TSUNAMI ALLA REGIONE | L’Anticorruzione: inibizione di tre mesi per Oliverio.

CORRIEREDELLACALABRIA.IT

CATANZARO La nomina di Santo Gioffrè alla guida dell’Asp di Reggio Calabria non poteva essere formalizzata perché mancavano i requisiti previsti dalla legge. È uno stop pesante quello che arriva dall’Autorità nazionale per l’anticorruzione guidata dal magistrato Raffaele Cantone. E che rischia di rivelarsi uno tsunami per la legislatura in corso. Già, perché il parere formalizzato nella giornata di venerdì al responsabile per l’anticorruzione della Regione Calabria contiene sanzioni anche per i vertici politici. Non solo la rimozione del manager sanitario, ma anche l’inibizione per 3 mesi di chi quella nomina l’ha voluta e votata ovvero della giunta regionale (prima versione) guidata da Mario Oliverio. Tradotto: per i prossimi 90 giorni il governatore – e solo lui, visto che nel frattempo i vari Ciconte, Guccione e De Gaetano sono stati estromessi dall’esecutivo – non potrà procedere ad alcun tipo di scelta. Un bel guaio se si considera che da qui a qualche settimana la giunta avrebbe dovuto procedere alla designazione dei nuovi direttori generali delle Aziende sanitarie ed ospedaliere calabresi.

IL PROVVEDIMENTO Il parere ufficiale che reca la firma di Cantone è datato 2 settembre ma è stato notificato nella giornata di venerdì al dirigente regionale delegato all’anticorruzione Gabriella Rizzo. Il provvedimento è l’ultimo tassello di un iter avviato nei mesi scorsi, dopo le denunce presentate dai parlamentari del Movimento 5 Stelle. Secondo i pentastellati Gioffrè guida l’Asp di Reggio illegittimamente perché nel 2013 si è candidato a sindaco di Seminara, comune che ricade nel territorio della stessa Azienda sanitaria. «Il decreto legislativo 39/2013 – sostengono gli esponenti del M5S – prevede che un ex candidato a primo cittadino non può dirigere un’azienda sanitaria, se non a distanza di cinque anni dalle elezioni». Alla nomina, ufficializzata dalla giunta a marzo scorso, seguono settimane di polemiche. Da Palazzo Alemanni, comunque, non arriva nessun passo indietro: per Oliverio e per gli altri assessori tutto è stato compiuto seguendo le previsioni di legge, come conferma anche un parere del ministro Madia, secondo la quale le regole sull’inconferibilità sono applicabili ai direttori generali ma non ai commissari come Gioffrè. Ciò non serve a far desistere i rappresentanti del M5S dai loro propositi. E così della questione viene investita l’Anac guidata da Cantone. Che spinge per la rimozione di Gioffrè ma soprattutto preme per attivare meccanismi sanzionatori nei confronti dei vertici della Regione, facendo leva su quanto previsto dall’articolo 18 del decreto legislativo 39/2013: «I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli non possono per tre mesi conferire gli incarichi di loro competenza».

GLI SCENARI La decisione dell’Anac rischia di provocare un terremoto. L’inibizione per 3 mesi invocata per Oliverio e per i suoi ormai ex assessori pone, infatti, un problema politico non di poco conto. Contro il provvedimento amministrativo la Regione potrà presentare ricorso davanti al Tar ma ciò non ferma il processo che adesso il responsabile regionale dell’anticorruzione sarà chiamato ad attivare. Resta, in ogni caso, da capire quando inizieranno a decorrere i 3 mesi di sospensione delle attività. E ciò anche per la non chiara formulazione della norma specifica.

Ma tra i corridoi della Cittadella di Germaneto i dubbi che serpeggiano sono diversi e riguardano i poteri che resteranno in capo alla giunta dopo l’intervento dell’Anac. Sul punto, sostanzialmente convivono due scuole di pensiero. La prima, più “restrittiva”, spinge per un divieto assoluto per l’intera giunta, anche quella attuale, a procedere ogni tipo di nomina e non solo nel campo della sanità. Tale interpretazione, tuttavia, appare poco coerente con il testo della legge. L’altra fa ricadere l’inibizione solo in capo alla giunta che ha proceduto alla nomina di Gioffrè al vertice dell’Asp. Messa in questo modo, e posto che nel frattempo l’esecutivo ha cambiato totalmente faccia, a pagare dazio sarebbe solo Oliverio e non gli altri assessori nominati successivamente all’affidamento dell’incarico contestato. Se tale tesi dovesse prevalere per il governatore sarebbe una beffa nella beffa.

Antonio Ricchio

a.ricchio@corrierecal.it

Politica – La pensione dei parlamentari.

Cari pensionati, disoccupati, giovani, precari e lavoratori, con questa partitocrazia, tutti i cittadini sono uguali!

Dal Blog di Beppe Grillo

“Quando il Movimento 5 stelle dice che una volta chiamato a governare questo Paese dovrà prima di tutto ripensarlo da cima a fondo, lo dice non solo con convinzione ma con carte alla mano. Sono tante, troppe, le cose che vanno completamente ripensate o ribaltate. Questo perché siamo un paese con una classe politica e dirigenziale che volutamente fa finta di non conoscere il mondo reale, il Paese dei cittadini, poiché loro appartengono ad un altro paese, il paese dei Parlamentari. Il paese dei parlamentari è quello dei rimborsi elettorali senza rendicontazione, dei vitalizi anche se sei condannato per reati che vanno contro gli interessi per cui si è stati eletti (falso in bilancio, peculato, …), dei rimborsi per l’esercizio del mandato non tassati e rendicontati solo per una piccola percentuale (circa il 10% nella migliore delle ipotesi), ma, soprattutto, è il paese che ha un sistema pensionistico autonomo ed estraneo a qualsiasi rischio default.

I deputati del Parlamento italiano infatti hanno un loro sistema pensionistico, normato da un regolamento interno che all’articolo 2 comma 2 recita: “Per ogni anno di attività parlamentare l’età pensionistica viene ridotta di un anno fino ad un massimo di 60 anni”. Quindi, in buona sostanza, i lobbisti di sé stessi (quali sono i parlamentari) non solo facendo 5 anni di mandato parlamentare acquisiscono il diritto a una lauta pensione ma addirittura si sono inventati lo sconto pensionistico, ovvero dal primo giorno del secondo mandato in poi potranno percepire la pensione a 60 anni! Per questo in ufficio di Presidenza alla Camera, insieme ai colleghi Luigi Di Maio e Riccardo Fraccaro, proporremo di abrogare questa norma. La proposta dovrà essere votata dagli altri membri e coloro che voteranno contro (e crediamo non saranno in pochi), i loro partiti o lobby di riferimento, dovranno risponderne ai cittadini”.

M5s Camera