I miliardi delle Province.

 

I leader di partito in campagna elettorale hanno sempre dichiarato di voler abolire le Province. Sanno che gli italiani le vedono come strutture clientelari e di intralcio alla già capillare amministrazione comunale, un’enorme stratificazione di burocrazia che serve a mantenere se stessa, ma non aiuta la celerità delle pratiche e i cittadini.

Maggioranza e opposizione fanno finta di litigare, ma poi nelle commissioni parlamentari affossano la legge, magari presentata da qualcuno, per abolire le Province. Nessuno dice queste cose. Dov’è l’informazione libera per smascherare questi bugiardi che infangano la politica?

Nemici acerrimi che abitualmente litigano ogni giorno sugli schermi tv si sorridono, si vezzeggiano, si strizzano l’occhio. C’era l’intero star system nazionale nei giardini del Quirinale in occasione della Festa della Repubblica Democratica: politici, di opposizione e maggioranza,  manager dalla dubbia fama, personaggi della tv,  giornalisti, magari di regime, attori, veline mascherate da compagne di qualcuno. Non c’erano semplici cittadini nei giardini del Quirinale, nemmeno in forma simbolica, magari rappresentati da un centinaio di artigiani, operai o minatori da anni senza lavoro. Via gli straccioni, avrebbero guastato l’atmosfera festosa e spensierata del ricevimento in onore della Repubblica. Il popolo era altrove. A grattarsi le sue rogne, che sono tante e gravi. Se è vero che il 30% dei giovani (statistiche Istat) è senza lavoro e l’altro 70% rischia ogni giorno di perderlo mentre i disoccupati, nel complesso, sono due milioni e 220 mila, il 9% della popolazione.

Ma torniamo alle Province.

Bisogna tagliare gli sprechi non lo stato sociale.

Il numero degli amministratori delle Province è di 4.000 addetti con 2.900 consiglieri, 50 tra Presidenti e vicepresidenti, 100 presidenti della Giunta, 900 assessori. Il costo annuale dei soli compensi di questo “esercito” supera i 50 milioni di euro mentre le spese correnti delle oltre 100 Province italiane si aggirano attorno ai 10 miliardi di euro l’anno.

E’ una vergogna!

Si potrebbe obiettare: ma che fine farebbe il personale delle Province?

Non ci sarebbe la perdita del posto di lavoro per il personale già assunto: la ricollocazione negli altri enti (Regione, Comuni, …) garantirebbe l’occupazione; sarebbero poi predisposti piani operativi per ottimizzare quantità e qualità del personale, per avere migliori servizi, da attuare gradualmente utilizzando pensionamenti ed assunzioni.

Si risparmierebbero tanti miliardi di euro!

Gli stipendi d’oro della televisione e la pericolosità dei conduttori.

 

A parte gli stipendi d’oro di chi lavora in Rai, e che con questa manovra andrebbero tagliati, sembra che in Italia i conduttori di  talk show e i personaggi televisivi in generale,  abbiano preso un potere eccessivo, abnorme, spropositato e pericoloso.

Un buon esempio del delirio di onnipotenza e della perdita di ogni e qualsiasi senso del limite e dei propri limiti l’ha dato giovedì sera ad Annozero Michele Santoro parlando per venti minuti buoni, e con grande arroganza, di sue questioni personali come se fossero fatti nazionali.

Una volta in Italia la filosofia, la cultura e l’arte influenzavano la società e la politica. Basti pensare alle “famigerate ideologie”: il liberalismo, l’idealismo di Benedetto Croce, il cattolicesimo sociale di Don Sturzo, il socialismo, il marxismo. A noi sono toccati i Vespa, i Santoro, i Floris, i Fazio, i Baudo, i Bonolis, le Ventura, le Marcuzzi ecc. Forse come adoratori di idoli di cartapesta anzi di plastica, abbiamo ciò che ci meritiamo.

Qualcuno diceva che la televisione ha un potenziale esplosivo superiore a quello della bomba atomica. Se non ce ne rendiamo conto rischiamo di trovarci in un mondo ingovernabile. La tv di oggi è come la medicina di qualche tempo fa quando i barbieri facevano i chirurghi. Oggi per diventare chirurghi bisogna studiare 15 anni mentre per diventare una star della tv basta qualche apparizione.