Nuovi muri e la politica che non cambia pelle.

Il Crollo del Muro di Berlino deve essere ricordato come un evento di capitale importanza, in quanto punto di svolta epocale, momento di passaggio nodale. Un sistema politico, ideologico, economico, sociale e culturale svaniva per lasciare il posto, se non ad una nuova era di pace e di diritti, ad una luminosa speranza di cambiamento, basata anche e soprattutto sulla restaurazione di valori mai dimenticati.

La celebrazione del Crollo del Muro è importante ed ha indubbiamente segnato, come dicevo prima, un passaggio storico epocale. Probabilmente a quello che accadde 20 anni fa avrebbero dovuto seguire una serie di eventi altrettanto importanti e significativi sia dal punto di vista dell’abbattimento dei muri reali (Irlanda, Palestina, le due Coree) che rispetto a tutto quanto avrebbe dovuto provocare questo avvenimento. In realtà nel celebrare oggi il ventennale, non possiamo non considerare i muri che dobbiamo abbattere in Italia, nel Sud, a San Giovanni in fiore: la giustizia sociale, una politica dei redditi per le famiglie, il lavoro, la salute, le morti bianche, i giovani, le periferie, l’emigrazione e tanto altro.

Oggi si volerà alto e si toccheranno temi importanti di natura certamente europea e mondiale, degli ex comunisti e di come è cambiata anche la politica in Italia. Ma la politica italiana, che non cambia pelle, appare come la cosa più evidente in queste giornate di dibattiti che occupano gli spazi della comunicazione mediatica nazionale e locale. Risiede l’angoscia di un sistema che non riesce a dar voce e spazio a chi potrebbe portare una ventata di novità. Siamo incartati in un meccanismo che difende inesorabilmente se stesso e che mai i beneficiari manovratori degli ingranaggi, tenteranno di modificare. Resta da chiedersi che speranze possano avere i sostenitori di un cambiamento, ma a questa domanda una risposta la può trovare in coscienza dentro se stesso soltanto chi si reca a votare ogni volta che il “manovratore” di turno glielo chiede.

Oggi nuovi muri ridimensionano trasformazioni sociali e conquiste civili importanti, che parevano irreversibili. Basta pensare al diritto al lavoro e ai diritti sul lavoro, ai diritti per la famiglia, alla divisione di genere. Tante lotte e tante contestazioni. Nel privato e nel pubblico. Il femminismo. Le pari opportunità. Contro la segregazione femminile nelle carriere. Nel lavoro, nelle professioni. Contro l’immagine della donna-oggetto. Per ritrovarci, oggi, in un paese di veline. Dove le misure che contano, per le donne, non riguardano certo il quoziente intellettivo. Dove la sessualità è esibita come segno di potere. Usata come merce sui media.

Fra tanti nuovi muri che sorgono intorno a noi, solo uno pare definitivamente crollato. Quello fra le generazioni. Padri e figli. Professori e studenti. Anziani e giovani. Duro da scalare, per i ragazzi. Marcava il cambiamento. L’innovazione sociale. Oggi non c’è più. Perché i ventenni, nati nel 1989 sono impegnati ad affrontare il loro eterno presente. Precari per definizione. In bilico. Senza passato e senza futuro. E senza territorio, vista la loro confidenza con le tecnologie della comunicazione. Mentre gli adulti latitano e i vecchi sono scomparsi. Vista l’ostinazione con cui insistiamo a dirci tutti, eternamente, giovani.

Così, vent’anni dopo, forse c’è un po’ di nostalgia. Del Muro. Quand’era uno solo. Visibile. A modo suo, rassicurante. Capace di separare il giusto dall’ingiusto e il bene dal male. Mentre oggi che è crollato, e il mondo è più largo e più aperto, incontriamo muri ovunque. Piccoli e invisibili. Siamo noi stessi a costruirli. Per bisogno di riconoscerci. Per paura di perderci. Per paura.

L’importante è cercare di non dimenticare la realtà affinché noi ci rendiamo  protagonisti di un reale cambiamento teso a migliorare la qualità della vita delle persone attraverso la partecipazione e la condivisione.

Nuovi muri e la politica che non cambia pelle.ultima modifica: 2009-11-09T17:58:00+01:00da pietrogiovanni1
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