A scanso di equivoci!

2295806499_3.pngInutile dire corbellerie, raccontare fandonie e cose infondate!

Ormai si può inventare di tutto, ma non si riuscirà nemmeno a scalfire il MoVimento 5 Stelle!

Beppe Grillo non aspira ad alcunché! Dice solo delle verità scomode.

Dietro a lui ci sono economisti, scienziati, cittadini, lavoratori, persone preparate e perbene. I politici di mestiere non sono più intelligenti degli altri, e poi non possiamo affidare sempre alle stesse facce il nostro futuro, a quelle facce che hanno quasi distrutto la nostra Italia. Paura di cambiare o perdere qualcosa? Oggi forse è il caso di dire che è meglio un salto nel buio con Grillo (almeno ci si può salvare) che un suicidio assistito con questi politici! Non sembra?

Il ruolo di Beppe Grillo

Dal libro di Andrea Scanzi “Ve lo do io Beppe Grillo”

Beppe Grillo è un comico che usa il linguaggio satirico applicato alla politica. Ciò crea continui cortocircuiti semantici, su cui si inserisce la critica più facile. Si insiste sulla forma per non parlare del contenuto. Grillo è spesso volgare, sgradevole, non condivisibile. Si potrebbe parlare per ore di quanto, artisticamente, gli spettacoli di dieci anni fa fossero superiori alle arringhe attuali. Lo sottolineavo anche nel 2008. Ci sono però tre considerazioni molto più importanti. La prima è che il dibattito sulla volgarità è la riedizione del guardare il dito e non la Luna. Il dito di Grillo è probabilmente sporco, ma forse andrebbe quantomeno sbirciata la Luna (che tanto sporca non sembra). La seconda riguarda il concetto stesso di volgarità: è più sgradevole il “cazzo cazzo culo culo” di Grillo o il comportamento tenuto negli ultimi vent’anni da gran parte della “casta”? La terza, quella che i “moderati” non sono proprio disposti ad accettare, è che Grillo convince anche grazie agli eccessi. Non è solo parlare alla pancia. Non è solo tecnica da giullare. C’è il percorso da guastatore intrapreso, contro tutto e contro tutti, da quasi trent’anni. C’è la credibilità nel ruolo di portatore sano dell’indignazione popolare (e chi si indigna, è fatale, ogni tanto si incazza). C’è il potersi permettere il turpiloquio, perché in lui suona coerente (credibile, pertinente).

E c’è il parlare un linguaggio in cui tanti si riconoscono. Quando ascolti una Santanchè, credi di assistere a un pessimo remake di Guerre Stellari con lei nei panni botox di Darth Vader. Quando ascolti Bersani, dormi. Quando invece Grillo recita la parte del finto arrabbiato, usa la stessa terminologia che adotterebbero gli elettori comuni se si trovassero davanti le Fornero e i La Russa. Molti italiani parlano un linguaggio diverso. Non è quello di Berlusconi e neanche quello dei salotti buoni. E’ gente che non si siede nei divani della Dandini e non ride con la Littizzetto. In Grillo, forse sbagliando, queste persone (spesso 18-35enni) credono di individuare un catalizzatore credibile. Persino coraggioso. Addirittura divertente. E a quel punto la scelta è fatta.

Meetup M5S SGF

A scanso di equivoci!ultima modifica: 2012-08-30T12:39:00+02:00da pietrogiovanni1
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Un pensiero su “A scanso di equivoci!

  1. I sindaci multicolor.

    Dal Blog di Beppe Grillo

    I sindaci scendono in campo. Si sentono leader. I loro concittadini li hanno eletti per fare gli amministratori pubblici, ma loro, ovviamente, se ne fregano chiamati come sono dalla forza del destino, dalla predestinazione dei grandi e dall’ego smisurato a più alti incarichi. E’ tutto un fiorire di sindaci in camper, in conferenza, in televisione, in raduni di partito. Multicolor, in arancione, ma anche in rosso stinto pdimenoelleino o in viola appassito. Liste annunciate e programmi formidabili, pret a porter autunno/inverno saltano fuori ovunque. Chi li ha eletti e gli paga lo stipendio rimane attonito, cornuto e mazziato. I sindaci vogliono portare esperienze e capacità (mai) dimostrate dai Comuni in Parlamento. Si sentono sottovalutati, sono tutti potenziali premier, da De Magistris a Renzi a Pisapia. Bersani deve sentirsi come Cesare alle Idi di marzo, con dei Maramaldi (“Vili, voi uccidete un uomo morto!” – zombie non si può dire -) al posto di Bruto. I sindaci dovrebbero occuparsi solo delle città che amministrano fino alla conclusione del loro mandato. I municipi non sono dei trampolini di lancio per la loro carriera politica. Scherziamo? Ti rompono gli zebedei per farsi eleggere e poi non si occupano del Comune a tempo pieno? E’ una presa per il culo. Chi gestisce città complesse come Firenze non dovrebbe neppure avere il tempo di andare al cesso. Se vuol fare altro aspetti la fine del suo mandato.
    Discutiamo allora dei successi dei sindaci, in particolare dei debiti che le varie amministrazioni hanno accumulato in questi anni. Alla fine del 2011 la classifica delle città più indebitate vedeva al primo posto Milano con 3.931 milioni di euro (avete letto bene, quasi QUATTRO MILIARDI DI EURO), quindi Torino con 3.200, Napoli 1.589, Genova 1.328, Roma 1.149, Catania 522, Firenze 495, Verona 409 e Palermo 338. Un qualunque sindaco sotto il peso di questi debiti, come un buon padre di famiglia, non dovrebbe dormire di notte. Quando il debito di un’amministrazione cresce, aumentano le tasse comunali e le tariffe delle municipalizzate, come i trasporti pubblici a Milano, e diminuiscono i servizi ai cittadini. Un Comune può avvitarsi, finire in bancarotta e commissariato come Parma e recentemente Alessandria. Potrebbe succedere nel 2013 alle città più indebitate. L’unica risorsa prima del crack è vendere i beni del Comune (o meglio dei cittadini) all’asta, come avviene a Torino. Eletto lo sindaco, gabbato lo santo. Se un’azienda va in bancarotta, il titolare finisce in galera. Se un Comune va in bancarotta, il sindaco finisce in Parlamento e, magari, diventa pure ministro.

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