Più ricchezza = più felicità?

È stato presentato il Rapporto Mondiale della Felicità del 2016.

Secondo la classifica redatta dal Sustainable Development Solutions Network (Sdsn), organismo dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), è la Danimarca quest’anno, superando la Svizzera, il Paese più felice al mondo, l’Italia è solo 50esima.

Secondo un’altra classifica il podio delle Smart city viene conquistato dalla Città di Bologna, classifica che riflette in buona parte il grado di dinamicità di città da sempre nell’avanguardia italiana per trend di innovazione urbana e sociale. Il rapporto classifica lo sviluppo di reti e infrastrutture intelligenti delle città italiane, misurandone la capacità di innovare e offrire servizi di qualità ai cittadini.

Detto questo una domanda, come penso a tante altre persone, mi sorge spontanea:

è vero che dove c’è più benessere, più tecnologia, più crescita economica e più ricchezza si vive meglio e si è più felici?

Certo, la Danimarca non è il Paese più ricco del mondo, ci sono in gioco altri elementi, come la sicurezza nazionale, la qualità dei servizi, il lavoro e il reddito di ogni suo cittadino. Ma se l’equazione «più ricchezza = più felicità» fosse vera, allora tutti i ricchi dovrebbero essere felici e tutti i poveri dovrebbero essere infelici.

Qualcuno, poi, potrebbe obiettare, come al solito, che se la ricchezza non è la felicità, figuriamoci se lo è la povertà.

Tutti sappiamo, però, che, nella realtà, le cose non stanno così!

Stando ad alcuni studiosi, sociologi ed intellettuali di chiara fama nazionale e mondiale, ma anche secondo alcune inconfutabili statistiche, non è vero che dove c’è più benessere, più tecnologia, più crescita economica e più ricchezza, si vive meglio e si è più felici.

Infatti, a parte i suicidi dovuti a quest’ultima crisi, le statistiche dicono che dove c’è più benessere, più ricchezza, più tecnologia, come nei cosiddetti paesi occidentali, il numero dei suicidi è molto più alto che in altri paesi meno sviluppati.

A conferma indiretta che il suicidio è strettamente legato alla «società del benessere», cioè alle società ricche, nonché all’industrialismo in genere, c’è anche il dato dell’Italia:

Nord-est e Nord-ovest sono le ripartizioni con i livelli di mortalità per suicidio più alti, il Centro e le Isole oscillano su valori prossimi alla media nazionale, mentre il Sud presenta valori nettamente inferiori.

Insomma con il “modo di vivere” occidentale, con i nostri stili di vita, con un certo reddito, sviluppo, e, soprattutto, con il nostro consumismo, tutto a discapito del nostro ambiente, viene fuori una conferma. La conferma è questa: il benessere fa male!

Sempre secondo alcuni studiosi, sociologi ed intellettuali, il cosiddetto benessere, infatti, è causa di un crescente malessere in tutto il mondo occidentale. La linea ascendente del malessere corrisponde esattamente a quella del benessere tanto che, se si facesse un grafico, esse coinciderebbero.

Ma anche altre statistiche, grafici ed indicatori ci dicono che la «società del benessere» non equivale a più serenità, felicità, tranquillità e contentezza. Oggi come ieri, per esempio, è in aumento anche la malattia mentale. Non c’è alcun dubbio che le malattie mentali abbiano avuto un’impennata con la rivoluzione industriale, siano diventate un problema sociale nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, per esplodere come segno di disagio acutissimo nel secondo dopoguerra sino ad oggi.

Il benessere, dunque, fa male. Esso ci offre e ci apporta, senza alcun dubbio, un maggior numero di beni materiali, oggi anche virtuali con le nuove tecnologie, ma non migliora sicuramente la qualità della nostra vita. Anzi sotto tantissimi aspetti la peggiora, non ci dà la felicità, ma aumenta, sotto tantissimi altri aspetti, la nostra quota d’infelicità, aumenta la nostra ansia, il nostro egoismo, la nostra ingordigia.

Lo sviluppo, il benessere, il consumismo ecc., forse non sono altro che un inganno, un’illusione ottica, facendoci percepire, in modo scorretto, qualcosa che poi nella realtà si presenta diversamente. Insomma un crudele miraggio che ci galvanizza, ci eccita, ci attrae con i suoi bagliori per poi fregarci e schernirci.

Questo “modo di vivere”, questo sistema di produrre, di consumare, inutile poi bloccare gli sprechi alimentari per legge, questa «società del benessere», incuranti di tutto, corrono velocissimamente, a perdifiato verso una crescita ancora maggiore, esponenziale, cercando di intaccare e contagiare anche quei rari popoli, quelle società umane che in qualche modo ne erano scampati.

Vanno veloci, corrono sempre di più questo modello di sviluppo e questa «società del benessere», in pompa magna, con ritmo incalzante, con incedere maestoso, con le loro inattaccabili certezze.

Corre sempre di più , questa «società del benessere», come un treno ad altissima velocità in costante aumento, ormai senza più il macchinista, senza freni, senza alcun controllo, con la gente ignara sopra, verso la prima, non più tanto lontana, curva delle crescite esponenziali, dove una strana forza centrifuga è in attesa, probabilmente, per lanciarlo in un profondo precipizio a strapiombo.

Spero solo, a tutela delle future generazioni, che ci sia un qualche modo per rallentare, per frenare questa folle corsa, che ci sia ancora il tempo per uno sviluppo e una crescita più sostenibili e più equilibrati, ma soprattutto per una crescita economica più giusta, più solidale, più umana, senza che venga mai più discriminato alcun popolo sulla faccia della terra!

Pietro Giovanni Spadafora

Più ricchezza = più felicità?ultima modifica: 2016-03-26T16:40:59+01:00da pietrogiovanni1
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