San Giovanni in Fiore – Diffuso benessere economico e superficialità.

Diciamocela tutta! Qui nel nostro paese, tranne qualche famiglia e qualche invisibile, la maggior parte della gente sta economicamente bene.

Intendiamoci! Non è che questo benessere economico mi dispiaccia, anzi, ne sono ben felice, né tantomeno vuole essere una ragione addotta per giustificare o accettare la diffusa disoccupazione, soprattutto giovanile, nonché i tanti altri problemi che attanagliano questa nostra comunità, ma è certo che un diffuso benessere economico tra la nostra popolazione è evidente, e questo è un dato di fatto.

È anche noto, però, che uno stato di benessere economico, spesso e volentieri, rende le persone superficiali, indifferenti, chiuse, imperturbabili, impermeabili a tante problematiche di carattere pubblico e sociale: agli scandali nelle pubbliche istituzioni, alle ruberie di denaro pubblico, alla corruzione, alle ingiustizie sociali, all’ignoranza, alla distruzione dell’ambiente, alla mediocrità eccetera, eccetera.

Di sicuro non scopro nulla di nuovo perché tante situazioni e comportamenti che si verificano nella nostra comunità sono comuni a tanti altri paesi, regioni e città. Io, però, come cittadino, con le mie sensibilità e le mie osservazioni, condivisibili o meno, sento di parlare di San Giovanni in Fiore perché è il mio paese, la comunità in cui sono nato, in cui sono cresciuto, in cui ho studiato.

Paese che per alcuni brevi e lunghi periodi ho lasciato per motivi di lavoro e di studio, osservandolo anche da fuori e da altre angolazioni, e in cui, fortunatamente, poi sono ritornato, come tanti altri hanno potuto fare, ma come tanti altri non hanno potuto fare; comunità in cui adesso vivo e che vorrei potesse migliorare sotto tanti profili.

Premesso ciò, non posso metter piede in un Bar, in un Tabacchi, in un ufficio pubblico, per non parlare di una banca, o imbattermi per caso in un qualche piccolo assembramento di persone che sosta per strada, che non sento altro che parlare di soldi, di denaro, del Dio Quattrino che ormai è diventato l’unico nume unanimemente adorato, riconosciuto e condiviso.

In questa mediocrità quotidiana sangiovannese non si sente parlare di altro che di iban, di cin, di codici, di pin, password e bancomat. Quasi mai di valori, di valori forti, di emozioni collettive, di solidarietà, di un po’ di giustizia sociale, di problemi che riguardano l’intera comunità, di spirito, di anima. Viviamo un’esistenza in mezzo agli opportunismi, ai trasformismi, alle meschinerie e, a volte, anche alla viltà.

A proposito di anima! Non si sente più parlare di anima neanche nelle nostre chiese. La parola anima è sparita anche dalla bocca di coloro che sarebbero preposti a curarla: vescovi, preti, sacerdoti, parroci, bigotti e bacchettoni vari. In compenso parlano di offerte in denaro, messe e sante messe pagate, fitti e tariffe varie per battesimi, cresime, matrimoni, nonché di tasse da pagare per l’uso, da parte dei cittadini, dei luoghi di culto in determinate occasioni. Pare non ci sia più la Chiesa di una volta. Si assiste, anzi, ad un ritorno della “simonìa”.

Certo, si parla molto, di questi tempi, anche di crisi della politica, ma non è questo, forse, il problema. Il vero problema, probabilmente, è il fatto di vivere in una società, la nostra, quella sangiovannese, priva di grandezza, di crescita interiore, di crescita culturale, refrattaria, dove gli obiettivi sono cambiare l’automobile (si noti il parco auto esistente nella nostra comunità), comprare l’ultimo modello di cellulare, andare nei migliori ristoranti e assaggiare il vino e lo champagne più costosi, acquistare nuovi beni e sempre più oggetti e prodotti tecnologici innovativi. Il tutto scandito, ovviamente, dall’incessante ed inesorabile martellamento, soprattutto della Tv, dei vari mass media con le loro ingannevoli voci.

È indubbio che in questo nuovo mondo anche il cittadino sangiovannese non è più propriamente un cittadino, non è più soggetto, ma oggetto, è un sottoprodotto, un “consumatore”. E come il cittadino sangiovannese si è ridotto a consumatore terminale, allo stesso modo pare si sia ridotta anche la stessa nostra comunità, la città in cui viviamo. Sembra che il nostro paese sia preso in considerazione solo nei casi in cui diventi un appetibile mercato, e appare tanto più originale quanto è più capace di acquistare e consumare nuovi prodotti che gli vengono propinati. Oggi pare si viva, anche qui nella nostra comunità, in un mondo abbastanza superficiale, privo di vitalità, di idee, più virtuale che reale, in cui sembra vi siano dei vuoti abissali, forse difficilmente colmabili.

Un tempo esisteva una San Giovanni in Fiore più povera, ma era una comunità della solidarietà, dello spirito, dell’anima, del vicinato, della “comare Rosina” o del “compare Micuzzo” che quando non stavano bene venivano assistiti, quando non era possibile da parte dei loro parenti, anche dai vicini di casa (oggi in alcuni casi non si ha neanche l’assistenza da parte della sanità pubblica); una comunità dell’anziano visto e adorato come un saggio, e non, come oggi, considerato un reietto della società, il quale, in particolar modo, quando non gode di buona salute, è da depositare presso qualche casa di cura in attesa della sua ultima ora. San Giovanni in Fiore era la comunità dell’abbraccio, dell’aiuto, della mano tesa, dei valori condivisi.

Adesso anche questa nostra comunità, purtroppo, ineluttabilmente, è stata sostituita dalla produzione, dal consumismo. Comunità che inesorabilmente sta adeguandosi, omologandosi, globalizzandosi, e forse sparendo.

Pietro Giovanni Spadafora

San Giovanni in Fiore – Diffuso benessere economico e superficialità.ultima modifica: 2016-04-17T15:51:05+02:00da pietrogiovanni1
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