Di Pietro Giovanni Spadafora, 22 maggio 2019
Se la Cina dovesse chiudere i rubinetti delle cosiddette “terre rare”, l’intero mondo andrebbe in crisi.
Sono bastate, com’è noto, queste due paroline, appunto, “terre rare”, per mettere paura, e far fare marcia indietro, al Presidente degli USA, Trump, circa alcuni provvedimenti commerciali che stava per emanare contro la Cina.
Le “terre rare” (in inglese “rare earth elements” o “rare earth metals”) sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, tra cui scandio, ittrio e i lantanoidi, i quali possiedono determinate particolari proprietà chimiche.
Le “terre rare” sono materiale di fondamentale importanza soprattutto per le aziende ed industrie che producono nuove tecnologie. Esse sono l‘ingrediente base per i microconduttori, per gli smartphone, per i computer, laptop, tablet ed altri numerosi dispositivi delle nuove tecnologie.
Esse, per far sviluppare e produrre nuove tecnologie, sono indispensabili come per noi lo è l’aria che respiriamo.
Secondo la distribuzione mondiale, fino al 1948, la maggior parte delle terre rare del mondo provenivano dai depositi di sabbia dell’India e del Brasile. Poi, verso la metà del secolo scorso, il Sudafrica divenne la principale fonte di terre rare. Nel frattempo furono scoperti altri, notevoli, giacimenti a Mountain Pass, in California (USA), i quali, tra il 1966 e il 1986 circa, furono i giacimenti più produttivi del mondo.
A partire, poi, dal 1985 si impose sempre maggiormente la Cina, che oggi produce oltre il 95% della fornitura mondiale delle cosiddette “terre rare”.
Ora, come ho già scritto prima, se la Cina, oggi, con quasi il totale della fornitura mondiale di tale materiale dovesse chiudere i rubinetti , l’intero mondo andrebbe in crisi.
Andrebbero in crisi tutte le aziende mondiali produttrici di nuove tecnologie, e soprattutto, la “Silicon Valley”, un’area che è parte meridionale della San Francisco Bay Area nella Northern California, Stato americano della California (USA).
La “Silicon Valley” oggi è sede di molte grandi aziende high-tech del mondo, ed è sede, soprattutto, di 39 aziende nel Fortune 1000 (Fortune 1000 è una classifica stilata dalla rivista economica Fortune, che elenca le 1.000 più grandi imprese societarie statunitensi), e migliaia di altre aziende startup.
E la Silicon Valley rappresenta un terzo di tutto l’investimento di venture capital negli Stati Uniti (Il venture capital è l’apporto di capitale di rischio da parte di un investitore per finanziare l’avvio o la crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo).
Andremmo in crisi anche tutti noi che usiamo le nuove tecnologie e chiunque, oggi, vive con la testa chinata sullo smartphone 24 ore su 24.
Ma, in special modo, andrebbero in crisi i cosiddetti Millenials, le Generazioni X, Y e Z che sono nati nell’era delle nuove tecnologie.
LA FINE DEL MONDO!
Una cosa, però, è certa:
a parte i problemi ambientali e di inquinamento, ad iniziare dalla Rivoluzione industriale lo sviluppo economico e il progresso tecnologico dell’uomo si basano sullo sfruttamento delle risorse ESAURIBILI, risorse come lo sono il petrolio ed il carbone, due esempi classici di risorse naturali non riproducibili.
Insomma, prima o poi, speriamo il più tardi possibile, non si potrà più crescere all’infinito, in modo così esponenziale.
E così mi ritorna in mente la ormai famosa longanesiana domanda:
“Stavamo meglio quando stavamo peggio?”.
Ai posteri l’ardua sentenza!