San Giovanni in Fiore – Tanti emigranti non tornano più per le feste.

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All’inizio del fenomeno migratorio la maggior parte dei sangiovannesi rientrò in paese dopo alcuni anni, mantenendo un ricordo positivo delle grandi cose viste all’estero e cercando di mettere a frutto l’esperienza fatta. Per gli emigranti del Secondo Dopoguerra, invece, fu l’età del pensionamento, assieme ai forti legami che si erano intrattenuti con la vita paesana, a portare al ricongiungimento con la terra d’origine, a costo di separarsi dai figli, rimasti nel paese d’adozione: quando questi hanno desiderato un inserimento di carattere lavorativo a San Giovanni in Fiore o più in generale in Calabria, spesso, a causa della disoccupazione, non ne hanno trovato le condizioni. Il più delle volte gli emigranti, dopo avere per anni agognato il ritorno nella propria terra sangiovannese, si sono ritrovati mortificati per gli effetti del cambiamento di quel po’ di benessere in più, che, in paese, aveva mutato comportamenti e valori sociali. Dunque, il rientro, quando c’è stato, non ha prodotto i benefici immaginati, tra cui, non ultimo, quello dell’orgoglio per l’affrancamento dalla povertà: infatti, quando l’emigrante era giunto a disporre di casa e soldi, anche i compaesani rimasti ne avevano ottenuta la disponibilità, senza fare il sacrificio di migrare. Tale constatazione spesso portò l’emigrante di ritorno a sentirsi tre volte sconfitto: la prima, per l’essersi selezionato come migrante all’atto della partenza; la seconda, per aver a lungo idealizzato, nella vita all’estero, la patria d’origine ed i compaesani, senza del tutto rassegnarsi al nuovo paese; la terza, per aver subìto in modo traumatico una sorta di  cambiamento,  non dico totalmente culturale, ma sociale ed economico che, nel frattempo, aveva modificato il contesto  tanto vagheggiato.
Spesso, gli emigranti di ritorno non hanno ritrovato le usanze che loro erano abituati a seguire, come un certo modo di onorare genitori o nonni e parenti anziani, espressione di quei valori tradizionali che hanno governato la loro intera esistenza; e con dispiacere hanno osservato che quelle stesse usanze, in San Giovanni in Fiore, dei loro miti, non solo sono cadute in disuso, ma vengono quasi disprezzate. Talvolta, queste persone hanno perso anche i luoghi della loro fanciullezza, che sono cambiati, per cui dove c’era la fontana degli incontri con quella che sarebbe poi divenuta la loro sposa ora trovano un qualcosa di diverso, forse una casa, o una strada. Proprio come chi, osservando una vecchia fotografia, nota la differenza tra l’immagine della memoria e quella attuale, i rimpatriati scoprono, tante volte, di non essere riconosciuti dai conoscenti, si sentono estranei al caos politico e sociale di cui non hanno seguito le recenti evoluzioni, e se ne tornano all’estero amareggiati e delusi.

 

Recentemente, invece, per i nostri emigranti, il risvolto è stato quello di rivendicare la propria sangiovannesità quasi negata. Questo desiderio di riconoscimento sociale del proprio sacrificio e dell’apporto dato in termini economici e morali al paese d’origine, si evince, alcune volte, dai discorsi che si fanno con gli stessi emigranti. “Non  siamo cittadini di terza o quarta categoria solo perché ci sentiamo ignorati! La città di San Giovanni in Fiore dovrebbe essere più aperta a noi, perché siamo gente generosa e perché abbiamo impiegato il nostro tempo per valorizzarla al di fuori dei suoi confini. Ci vuole più umanità, con noi! Il problema materiale (cioè i soldi per farci tornare in vacanza) realmente non esiste più, perché grazie a Dio noi emigranti stiamo tutti bene e ci autofinanziamo sia per le attività delle nostre associazioni, sia se vogliamo tornare in paese per le vacanze. Esiste invece il problema morale! Noi quando torniamo nel paese vorremmo trovare la gente più calorosa, più aperta; la nostra esperienza è diversa, abbiamo vissuto in un paese che non è il nostro, e nello stesso tempo abbiamo onorato il paese d’origine, ma pare che non se ne accorga nessuno. Eppure, tutti potrebbero essere preparati ad accoglierci con più responsabilità ed ospitalità. Noi accettiamo tutto, siamo figli della terra sangiovannese. Che ci trasmettiate via Internet le conferenze e gli spettacoli, che ci mandiate i visitatori, i libri, i giornali,  noi siamo contenti, purché poi ci sia, alla fine, un contatto più umano. Altrimenti siamo portati a pensare, a immaginare, e poi a trascorrere le ferie altrove”.

San Giovanni in Fiore – Tanti emigranti non tornano più per le feste.ultima modifica: 2011-01-02T23:08:00+01:00da pietrogiovanni1
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