Cittadini, automobilisti e camionisti si chiedono perché in Italia i carburanti costano di più rispetto agli altri Paesi europei, che comunque registrano le oscillazioni causate dal progressivo aumento del prezzo del greggio al barile. Perché nel nostro Paese il 60% del prezzo della benzina è costituito da tasse e accise. Per accisa si intende una imposta sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo. Il termine deriva dall’olandese accijns, che a sua volta deriva dal latino accensare, che significa “tassare”. È un tributo indiretto, che colpisce i prodotti energetici, carburanti appunto ed energia elettrica, alcoolici e tabacchi.
Attualmente, chi va alla pompa di benzina per fare rifornimento paga:
• 0,1 centesimi di euro (1,90 lire) per la guerra di Abissinia del 1935;
• 0,7 centesimi di euro (14 lire) per la crisi di Suez del 1956;
• 0,5 centesimi di euro (10 lire) per il disastro del Vajont del 1963;
• 0,5 centesimi di euro (10 lire) per l’alluvione di Firenze del 1966;
• 0,5 centesimi di euro (10 lire) per il terremoto del Belice del 1968;
• 5,1 centesimi di euro (99 lire) per il terremoto del Friuli del 1976;
• 3,9 centesimi di euro (75 lire) per il terremoto dell’Irpinia del 1980;
• 10,6 centesimi di euro (205 lire) per la missione in Libano del 1983;
• 1,1 centesimi di euro (22 lire) per la missione in Bosnia del 1996;
• 2,0 centesimi di euro (39 lire) per rinnovo contratto autoferrotranvieri 2004;
• 0,5 centesimi di euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005;
• 0,71 a 0,55 centesimi di euro per il finanziamento alla cultura nel 2011;
• 4,0 centesimi di euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011;
• 0,89 centesimi di euro per far fronte all’Alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011;
• 8,2 centesimi di euro per il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011.
A ciò si somma l’imposta di fabbricazione sui carburanti, per un totale finale di 70,42 centesimi di euro per la benzina e 59,32 per il diesel. Su queste accise viene applicata anche l’IVA al 21%, che grava per circa 15 centesimi di euro nel primo caso e 12 nel secondo.