25 APRILE 1945: GUARDARE ALLA STORIA, MA SENZA RETORICA!

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“I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti”.

Questo è il pungente e graffiante aforisma di Mino Maccari, uno scrittore e giornalista senese tra i maggiori del ‘900.

Purtroppo in questo nostro Paese ancora non si è compreso che l’antifascismo non è un fascismo di segno contrario, ma il contrario del fascismo. Nel senso che l’antifascismo è un fascismo al contrario. Se si conosce un po’ la Storia e si riflette un momento, allora si potrà capire l’aforisma di Maccari.

A guerra finita, vicino a un paesino, nel vicentino, Pedescala Valdastico, il 30 aprile 1945, i partigiani assaltarono una colonna di tedeschi in ritirata uccidendone 7 (sette). I tedeschi tornarono indietro nel paesino, e per rappresaglia uccisero 63 (sessantatré) cittadini di Pedescala.

Perché, tra tanti altri episodi storici della Resistenza, abbiamo riportato questo episodio storico del quale parlarono e scrissero tanti giornali?

Perché, se non sbagliamo, quando correva l’anno 1983, dopo circa un anno dalla vittoria ai Mondiali di Calcio in Spagna della nostra Nazionale, gli stessi familiari dell’eccidio delle 63 vittime, rifiutarono, con una lettera aperta all’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che fosse attribuita la “medaglia d’argento al valore partigiano” al Comune di Valdastico.

La motivazione fu che: “Non si può premiare con una medaglia un gesto irragionevole, sciocco, sconsiderato ed inutile (l’uccisone di sette militari tedeschi in ritirata quando ormai era tutto finito) che provocò l’eliminazione di 63 cittadini inermi.”

Ora, di questo episodio storico con, o senza, eroi partigiani e tedeschi, si può discutere anche a lungo, ma una cosa è certa:

questo episodio, con morti ammazzati senza saperne il perché, ci dovrebbe far capire, almeno oggi, a 76 anni dalla fine della guerra, che la vera grandezza d’animo consiste nel saper riconoscere gli errori commessi, non nel voler apparire a tutti i costi degli eroi.

Con il massimo rispetto verso l’autentica Resistenza e dei suoi protagonisti, fenomeno del Centro Nord, comunque, molto più limitato di quanto si è voluto far credere, la retorica della Resistenza e la demonizzazione del fascismo, non il giudizio negativo sul fascismo, sono due discussioni, due fenomeni, i quali, camminando parallelamente, sono serviti ad alcune questioni di cui subiamo, ancora oggi, le conseguenze.

Primo, dal punto di vista sociale ed economico, è che, grazie alla retorica della Resistenza e alla demonizzazione del fascismo, il nostro Paese Italia ha sempre fatto finta di aver vinto la Seconda Guerra Mondiale che abbiamo perso, facendoci schivare un efficace e fruttuoso esame di coscienza.

Secondo, storicamente parlando, è che dal 25 aprile 1945 in poi, tutti i cittadini italiani sono diventati, di colpo, tutti antifascisti, e il fascismo, d’improvviso, è diventato qualcosa con cui il popolo italiano non ha mai avuto a che fare.

Terzo, politicamente parlando, il mito della Resistenza, la retorica di essa, la demonizzazione del fascismo, nonché l’antiretorica della Resistenza, oggi servono ai due maggiori blocchi partitici, destra e sinistra, per motivi elettoralistici, di consenso, per drenare voti a proprio vantaggio, contribuendo ad incancrenire l’attuale vita politica in polemiche sterili, superate, facendo concentrare, il più delle volte, l’attenzione su problemi vecchi, ostacolando la risoluzione di quelli nuovi, e creando una serie di equivoci.

Diciamo questo perché sarebbe ora di smetterla con la retorica della Resistenza e con la demonizzazione del fascismo, e guardare avanti, al nostro futuro, imparando e conoscendo la Storia per non commettere le stesse aberrazioni del passato.

SGF IN PIAZZA
25 APRILE 1945: GUARDARE ALLA STORIA, MA SENZA RETORICA!ultima modifica: 2021-04-25T21:47:29+02:00da pietrogiovanni1
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