VERO!

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Di San Giovanni in Fiore in Movimento

SGF – OSPEDALE: impegno e meriti.

Non vogliamo assumere alcuna veste di avvocati del diavolo, ma ci teniamo a sottolineare alcuni fatti incontrovertibili.

A parte tutta la discussione e tutte le opinioni sulla nostra sanità, l’arrivo del chirurgo, salvo suoi ripensamenti, presso il nostro nosocomio, dovrebbe essere già cosa fatta, in quanto lo stesso risulta vincitore di una procedura di mobilità indetta dall’Asp di Cosenza.

Invece, subito, cosa scrive nei suoi strali propagandistici il Sindaco, o chi per lui, rispetto a questo fatto?

ECCO:

“È un risultato. Lo abbiamo raggiunto grazie alla nostra interlocuzione costante con il commissario dell’Asp di Cosenza, Vincenzo La Regina”.

E ANCORA:

“A lungo e in silenzio abbiamo lavorato per avviare la ripresa della Chirurgia”.

QUINDI, il merito dovrebbe essere solo e tutto del Sindaco.

Noi invece riteniamo che non sia così! Perché tutto ciò è frutto di una procedura di mobilità.

MA UNA COSA È CERTA: l’attivismo, l’impegno, la lotta, la tenacia e la ferrea volontà dell’Associazione “DONNE E DIRITTI” per far migliorare il nostro nosocomio, sono noti a tutti, in tutta la Calabria, e non solo.

E questo è un fatto incontrovertibile!

Non è che gli strali propagandistici del Primo Cittadino devono per forza essere ritenuti sempre verità assoluta e le dichiarazioni di altri devono essere sempre ritenute solo menzogne!

Non funziona così, salvo che agli occhi degli allocchi!

San Giovanni in Fiore in Movimento

SGF – SANITÀ: se una RONDINE non fa primavera, un CHIRURGO non fa un OSPEDALE!

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Certo, è una bella notizia l’arrivo, “A BREVE”, di una chirurga a tempo indeterminato presso il nostro nosocomio. Ma, con tutto il rispetto per la professionista, crediamo che San Giovanni in Fiore abbia bisogno di tanto altro.

Di sicuro, quando arriverà, a parte qualche contesa per il merito, sarà un fatto positivo, ma questo non basterà a risolvere le gravi criticità della nostra sanità locale.

Probabilmente per rassicurare i cittadini sangiovannesi ci sarebbe bisogno di certezze circa un eventuale potenziamento del nostro Ospedale.

Per esempio ci sarebbe bisogno di chiedere al Presidente Commissario Occhiuto quali saranno le certezze che San Giovanni in Fiore avrà una sanità normale;

quali saranno le certezze con cui il popolo sangiovannese potrà stare tranquillo circa l’emergenza/urgenza se qualcuno avrà immediatamente bisogno di interventi tempestivi.

E chi, se non il Sindaco, con il suo rapporto privilegiato e stretto con il Presidente Occhiuto, potrà rassicurarci?

Ecco, è questo che bisognerà chiedere al Sindaco di San Giovanni in Fiore: far assicurare dal Presidente Occhiuto la massima disponibilità a potenziare la nostra sanità, il nostro Ospedale!

Perché centellinare annunci propagandistici, con un certo seguito da parte di tanti, rispetto, addirittura, alla salute dei cittadini, non è più una cosa bella.

Perché la demagogia e la propaganda possono essere un trionfo momentaneo, ma le rovine potrebbero essere eterne.

SGF IN PIAZZA

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NOI DICIAMO CHE COSÌ FACENDO C’È IL RISCHIO DI ARRIVARE AGLI STUDI UNIVERSITARI SENZA LE FONDAMENTALI BASI PER POTERLI AFFRONTARE.

POVERA SCUOLA!
TUTTO CIÒ NON SOLO MINA LA DIGNITÀ DEL CORPO DOCENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI, MA MINA LA STESSA QUALITÀ DELLA FORMAZIONE DEI RAGAZZI!

Di Maria Gabriella Militerno

NESSUNO INTERFERISCA CON LA SCUOLA!

Le lobbies delle facoltà universitarie a numero chiuso stanno cercando di sminuire l’operato di noi docenti di scuola secondaria di secondo grado, prevedendo corsi di preparazione, con relative prove di selezione per l’accesso ai vari corsi di laurea, proprio nel corso dell’ultimo anno, quando l’impegno dei ragazzi dovrebbe essere maggiore visto che a giugno devono sostenere gli Esami di Stato.
Ma nessuno dice nulla!
Nessuno tutela la nostra categoria!
Noi contiamo quanto il due di picche!
BASTA!
Chi di dovere faccia in modo che ciò non si verifichi più!

E poi quelli che si definiscono intellettuali, ma vivono lontano da queste criticità, lanciano addirittura petizioni per far svolgere gli Esami di Stato secondo la formula pre-Covid, cosa che sarebbe un vero disastro per questi giovani che non hanno svolto testi scritti per un anno e mezzo.
Si impegnino, piuttosto, a lanciare petizioni per evitare che la scuola secondaria superiore venga soppiantata da tutte queste operazioni fatte esclusivamente a SCOPO DI LUCRO!

Invito i miei colleghi con la schiena dritta a condividere questa denuncia!

Maria Gabriella Militerno

SGF – SANITÀ

Sanità, Occhiuto: «Inviato ad Agenas il Piano di interventi da finanziare con il Pnrr»

SANITÀ – IL PRESIDENTE OCCHIUTO: “valuteremo i diversi parametri per il rafforzamento dell’emergenza/urgenza nonché  la necessità di supportare le aree disagiate e di montagna con interventi da finanziare con il Pnrr”.

OTTIMO, DIREMMO!

Essendo San Giovanni in Fiore un paese di montagna e abbastanza disagiato sotto l’aspetto emergenza/urgenza, AUSPICHIAMO CHE ALLE PAROLE SEGUIRANNO I FATTI!

Buon lavoro, caro Presidente!

SGF IN PIAZZA

LINK:

https://www.corrieredellacalabria.it/2021/12/20/sanita-occhiuto-inviato-ad-agenas-il-piano-di-interventi-da-finanziare-con-il-pnrr/?fbclid=IwAR2GO4LZKEI1XIszP6ytXDEnYz1iJvABumJ6EnXoJDRsotG2UMf9ptHN6bQ

MENTRE IL NATALE È ALLE PORTE…

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Di San Giovanni in Fiore in Movimento

SGF – PAGAMENTO COMPONENTI SEGGI ELETTORALI.

Stiamo ricevendo una serie di lamentele da parte dei componenti dei seggi elettorali per le elezioni regionali di inizio ottobre 2021.

Dopo circa due mesi e passa, finalmente, il 16 dicembre scorso il Comune spedisce i mandati di pagamento presso la filiale della BNL di San Giovanni in Fiore per riscuotere le dovute indennità.

Ebbene, diversi scrutatori, presidenti di seggio e segretari si recano presso la suddetta filiale per la riscossione. Ma cosa succede?

Succede che la BNL non effettua pagamenti di cassa da diversi giorni e tanti componenti dei seggi sono costretti a rientrare a casa senza aver riscosso, ancora oggi, nulla!

C’è solo da ridere (PER NON PIANGERE)!

Questa volta il Comune non c’entra.

San Giovanni in Fiore in Movimento

Torino – La tragedia sul lavoro.

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Ricordate quella voce? È terrore, è disperazione:

“Sono tutti morti davanti ai miei occhi”!

Non era la nostra voce. Era la voce di un compagno dei tre caduti sul lavoro. Lui li conosceva, sa tutto di loro, della loro vita spesa per il lavoro, della loro morte per il lavoro.

Noi non eravamo lì, non ci saremo mai.

I media scivolano sulla vita, scivolano sulla morte, la sfiorano appena, e cosi, noi, tutto quello che facciamo è avere un’immagine, un suono e poi lasciarlo andare, scivolare via nel grande cimitero dei dimenticati, quei tre insieme agli infinti altri.

Quello che ci resta è la VERGOGNA. La VERGOGNA di noi che sappiamo che il lavoro non può che essere vita, e sappiamo che la Repubblica vive di lavoro.

E la Repubblica muore ogni volta che muore un LAVORATORE!

Maurizio Maggiani scrittore

CHI VUOL CANCELLARE MANI PULITE

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Di Massimo Fini

A trent’anni di distanza da Mani Pulite è in atto, da parte della fairy band berlusconiana ma non solo ( “abbasso il manipulitismo”, Luciano Violante) la campagna per la “liquidazione finale” di quell’esperienza, stravolgendone anzi capovolgendone la storia.
Mani Pulite viene da lontano. Viene dal collasso dell’Unione Sovietica del 1989. Essendosi di fatto spenta la minaccia dell’ “Orso russo” si liberò il voto di molti cittadini che avevano appoggiato la Prima Repubblica e la sua corruzione col fegato in mano (il “turatevi il naso” di Indro Montanelli). Questi voti democristiani ma anche non democristiani finirono per convergere su un movimento nuovo, anti partitocratico, la prima Lega di Umberto Bossi. La comparsa di una vera opposizione, dopo che da trent’anni il Pci si era associato al potere, liberò le mani dei magistrati di Milano dove la corruzione, partitica e imprenditoriale, estesa per tutto lo Stivale era più presente e più pesante. Se in clima consociativo un magistrato osava indagare su qualche “colletto bianco” veniva trasferito lontano dal suo distretto di competenza in modo da renderlo innocuo.
Mani Pulite ebbe un vastissimo sostegno popolare: per la prima volta dopo decenni, a parte casi eccezionali, la classe dirigente, politica ed economica, era chiamata a rispondere alle leggi che tutti noi dovevamo osservare. Non fu una “rivoluzione” come si dirà in seguito per dare un significato eversivo alla legittima azione dei magistrati. Fu piuttosto un atto di conservazione, di rispetto di quel minimo di legalità che una comunità deve avere per poter tenersi insieme.
All’inizio anche i grandi giornali, che avevano la coda di paglia per avere appoggiato, o comunque non denunciato, la corruzione della Prima Repubblica, si schierarono dalla parte dei magistrati. Esemplare è un editoriale di Paolo Mieli allora direttore del Corriere intitolato: “Dieci domande a Tonino”. Tonino, come se ci avesse mangiato insieme a Montenero di Bisaccia.
Le resistenze al ripristino della legalità portato dalle inchieste di Mani Pulite cominciarono appena il clima si fece un po’ meno incandescente. E’ del 1994 – primo governo Berlusconi, ministro della giustizia Alfredo Biondi – il cosiddetto “decreto salva ladri” che impediva la carcerazione preventiva sostituendola con i “domiciliari” per i reati tipici di “lorsignori”: corruzione, peculato, concussione, abuso d’ufficio, finanziamento illecito, falso in bilancio, frode fiscale.
Premesso che della carcerazione preventiva, quando riguardava la cosiddetta gente comune, non si era mai interessato nessuno, tantomeno le cosiddette destre (solo dopo Mani Pulite diventate improvvisamente “garantiste”), che anzi intonavano la canzone “in galera subito e buttare via le chiavi”. Per Pietro Valpreda, in galera da quattro anni senza processo e Giuliano Naria che fece nove anni di carcerazione preventiva, entrambi risultati innocenti, non si levò da quelle sponde un solo laio. Sono solo due esempi. Quando in gattabuia cominciarono a finire i colletti bianchi si invocò Amnesty international , perché, si disse, i magistrati li incarceravano per farli confessare, in pratica li torturavano. Replicò Francesco Saverio Borrelli: “Non è così. Noi li arrestiamo e loro confessano”.
Un’altra canzone intonata soprattutto da Berlusconi era che le inchieste danneggiavano l’immagine del nostro Paese all’estero. Falso. In quel periodo l’intera stampa internazionale ammirava, meravigliandosene, l’Italia perché stava riuscendo a ripristinare la legalità (la legalità, non la moralità che è altra cosa) in un Paese che aveva la trista, ma giustificata, fama di essere particolarmente corrotto e Ilda Bocassini, componente del Pool di Mani Pulite fu inserita tra le cento personalità più rilevanti del mondo occidentale. Altra canzone cantata soprattutto da Berlusconi ma non solo era che Mani Pulite danneggiava l’economia del nostro Paese. Falso anche questo. Tangentopoli ci è costata, secondo le indagini al ribasso di Giuliano Cazzola, 630 miliardi, cioè un quarto dell’attuale debito pubblico. Si inventarono poi di sana pianta categorie giuridiche mai prese in considerazione da alcun Codice Penale, come l’”accanimento giudiziario” e la “modica quantità” per i falsi in bilancio.
Non sapendo a che altro aggrapparsi i ladri di regime invocarono la pacificazione nazionale. Cioè il cittadino che si era comportato onestamente, che non aveva evaso le tasse o rubato sottobanco, che insomma aveva rispettato la legge, doveva “pacificarsi” con quelli che la legge l’avevano violata. Si arrivò anche a teorizzare, da parte dell’onorevole Tremonti che “i comportamenti previsti dalla legge come reati cessano di esserlo se la coscienza morale dominante non li considera tali”. Ma su questa strada ci si è spinti anche oltre: la punibilità o meno di un cittadino dipenderebbe dal consenso che ha o non ha presso l’opinione pubblica (Angelo Panebianco). I reati non sono più tali a seconda della tipologia dei fatti, ma dei loro autori.
Ma la truffa linguistica e logica che faceva, per così dire, da suggello a tutte le altre, e le completava, era la famosa formula “bisogna uscire da Tangentopoli” (con un’amnistia, con un indulto, con un atto di clemenza). Forse che, amnistiando gli stupratori, usciamo da Stupropoli? I mafiosi da Mafiopoli? I ladri da Ladropoli? In realtà così si incoraggiano solo gli stupratori, i ladri, i mafiosi a continuare a fare quel che fanno. In questo caso i corruttori e i concussori.
Ma questo è il passato. Oggi, persa ormai ogni verecondia, si rifà la storia di Mani Pulite al contrario. Si sostiene che Mani Pulite fu un “colpo di stato bianco” ispirato dagli americani (perché mai gli americani avrebbero dovuto togliere di mezzo i partiti filo yankee e salvare il Partito comunista, non è facilmente comprensibile). Per Vittorio Macioce de “Il Giornale” Mani Pulite non fu che “una rivoluzione politica fallita, che si è arenata all’improvviso davanti alla vittoria di Berlusconi nel ‘94”. Per il molto commendevole prof. Panebianco, ma non solo per lui, esiste un “partito delle procure” naturalmente di sinistra. Non si è accorto il prof che la sinistra in Italia non esiste più da tempo (“D’Alema dì qualcosa di sinistra, dì qualcosa”, Nanni Moretti ). Dice ancora il prof (editoriale sul Corriere dell’8/6/2021) rimpiangendo il tempo in cui “la si chiamasse Repubblica dei partiti oppure partitocrazia, la politica comandava e i magistrati erano dominati e controllati”. Cioè il liberale Panebianco si mette tranquillamente sotto i piedi la tradizionale separazione dei poteri (Montesquieu), Esecutivo, Legislativo, Giudiziario e sogna un Paese dove il potere giudiziario è sottoposto al Governo. Ma questo è esattamente ciò che avviene nelle dittature.
Ora, bisogna intendersi. La Magistratura è il massimo organo di garanzia di un Paese. Può sbagliare naturalmente, anche se il nostro ordinamento prevede, più di ogni altro, una serie di controlli, gip, primo grado, Appello, Cassazione, possibilità di revisione del processo. Però alla Magistratura ci si crede o non ci si crede. Se non ci si crede allora bisogna essere conseguenti e aprire tutte le carceri perché chiunque può essere stato vittima della corruzione della Magistratura.
Concludiamo questo articolo, dedicato non solo alla “liquidazione finale” di Mani Pulite ma dell’intera Magistratura, con un articolo di Goffredo Buccini (Corriere, 20/11/2021): “un personaggio pubblico in grado di migliorare di molto il clima sarebbe ancora in campo.” Indovinate chi è?

Il Fatto Quotidiano, 15 dicembre 2021

POLITICA: decalogo del buon amministratore.

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Abbiamo trovato questo decalogo del Comune di Fossacesia (appena 6.302 abitanti) della provincia di Chieti in Abruzzo.

Non sappiamo il perché, ma sentiamo il bisogno di pubblicarlo.

1 – Gli amministratori lavorano per il benessere e lo sviluppo delle comunità locali. Si impegnano a dedicare la massima attenzione e ad aiutare chi ha più bisogno: chi precario, chi vittima della crisi, chi ha la famiglia numerosa, chi solo, chi debole.

2 – Il buon amministratore sa che governare significa affrontare i problemi della comunità, sa che è meglio un’idea buona messa in pratica che un’idea ottima rimasta incompiuta. Chi amministra deve saper prendere decisioni anche scomode: l’impegno a fare ciò che è necessario viene prima della ricerca del consenso.

3 – Serve trasparenza totale nei bilanci così che i cittadini sappiano esattamente come vengono spesi i soldi e perché.

4 – Chi ha incarichi nell’amministrazione è legato ad un patto di onestà e trasparenza. Non compie atti che possono portargli interessi o guadagni, non favorisce nessuno. Mantiene con tutti gli interlocutori un rapporto di seria disponibilità.

5 – Chi è pubblico amministratore deve mantenere al primo posto l’interesse della collettività, costruendo un rapporto collaborativo con gli altri livelli di governo, nell’interesse della comunità che guida, collaborando con tutte le istituzioni, anche di segno opposto alla propria.

6 – Anche se di colore politico diverso, una nuova amministrazione deve impegnarsi a portare a termine ogni intrapresa avviata dall’amministrazione precedente che risulti utile per la comunità.

7– E’ necessario dare spazio ai giovani preparati, meritevoli e disposti a crescere e a portare avanti idee e logiche nuove facendo squadra, sostenendosi a vicenda, dedicandosi alla formazione come modello di progresso della comunità.

8 – Non si può amministrare senza una proficua collaborazione con la pubblica amministrazione, la Chiesa, l’Università, gli istituti di cultura, le organizzazioni di categoria e le associazioni. I buoni amministratori danno spazio alle scuole di politica, ai luoghi di dibattito, agli strumenti per acquisire una competenza sui problemi del territorio.

9 – Un buon amministratore deve tagliare le spese e gli sprechi del sistema amministrativo. La questione della sobrietà dell’amministrazione va posta anche a livello personale: irrinunciabile per gli amministratori un nuovo stile di comportamenti, di sobrietà, di eticità della politica rispetto al tema dell’ambiente e del risparmio dei consumi. Su questo fronte chi governa deve dare l’esempio.

10 – Chi ha incarichi nell’amministrazione deve essere trasparente e saper comunicare tutto quanto concerne il suo lavoro, nella piena disponibilità del dialogo con i cittadini, non solo con quelli che sono i suoi elettori. Così assume una piena responsabilità di fronte ai cittadini e favorisce la loro partecipazione.

Buon fine settimana!

SGF IN PIAZZA